"Cocaina e crack: Pesaro ne è piena, puoi averla ovunque, basta pagare. Il giro è da 1.200 euro al giorno, arrivando a spacciare circa 15 dosi. Non hai bisogno di andare al Parco Miralfiore per comprarla, poiché è un mercato altolocato. Il pesarese che la spaccia te la vende direttamente in casa, dove ti organizza pure la serata; l’albanese non teme di passartela tra la gente. Al ristorante o tra il passeggio serale. Telefoni, chiedi e il pusher te la porta dove sei. Paghi ed è fatta". Alessandro Giardini, con 20 anni di tossicodipendenza alle spalle, ha deciso di invertire la rotta dopo che, da cocainomane, ha rischiato, il tutto per tutto: "sono arrivato a pesare 38 chili".
E’ stato un percorso lungo il suo, iniziato a San Patrignano, ma ce l’ha fatta. Oggi è presidente dell’associazione pesarese, Prev - action, impegnata nella prevenzione al consumo di droghe e nella lotta allo spaccio. Il simbolo della onlus è una mano che spezza una canna e non una siringa: "Il fumo non è una droga leggera. E’ il piano inclinato che ti fa scivolare verso un buco nero. Ed oggi, non è più come quando ho iniziato io nel 2000. Oggi per un adolescente a Pesaro è molto, molto, peggio".
Perché?
"Se in generale il consumo rispetto allora è triplicato, è anche vero che oggi l’età media di chi inizia è molto bassa: tredici anni. Al parco Miralfiore, dai nigeriani trovano da comprare il fumo. Ma oggi gli spacciatori non sono cani sciolti: il sistema è organizzato, con i clan tra Rimini e Porto Recanati. Accade che il fumo venga mischiato a minime dosi di eroina. L’effetto è quello di accelerare la dipendenza. Purtroppo a quell’età trovano anche chi li avvicina, alla cocaina".
Il costo non è fuori la portata di un ragazzino?
"Purtroppo con 40 euro, il prezzo minimo, ricavi tre strisce. Un gruppetto che decide, divide la spesa e in tre ci arrivano a sniffare. Spesso c’è ritrosia. Allora uno dei passaggi intermedi è quello della sigaretta".
Cioè?
"Mettono una striscia di cocaina sulla sigaretta. Quando la fumano, inalano. L’effetto è quasi nullo, ma psicologicamente è un passo pericoloso".
Il Campus scolastico è un luogo a rischio per i nostri giovani?
"Non più. Da quando sono state messe le telecamere ed è stata potenziata l’illuminazione, lo spaccio si è praticamente spostato al Parco Miralfiore. Per i ragazzini è invece un rischio il Luna Park che anima viale Trieste d’estate: lo scorso luglio ho allontanato io un tizio che vendeva tocchettini di fumo a 5 euro ai ragazzini. Ma le forze dell’ordine sanno e intervengono, ma il fenomeno è molto esteso".
Dove altro avviene lo scambio?
"A Baia Flaminia, dove ci sono i locali; alla Stazione e al Monumento della Resistenza".
Quanto è esteso il fenomeno?
"Basta andare al Miralfiore per avere una idea del consumo che c’è in città. I residenti di via Cimarosa non ne possono più: hanno scritto anche al Prefetto. Gli spacciatori fanno turni regolari, attenti ad esserci per la pausa pranzo: è il momento di maggiore afflusso dei consumatori. Arrivano anche operai per comprare un po’ di eroina. Si parte da 30 euro per una dose minima"
Perché proprio il Miralfiore come luogo di consumo e spaccio?
"Il sottobosco è congeniale a nascondersi e occultare quanto avviene nella parte boschiva. Basta inoltrarsi: una volta, tra spacciatori e consumatori, sono arrivato a contare una ventina di persone. Tenere pulito il verde è assolutamete fondamentale. E’ vero che il problema lo si sposta, ma al Parco è troppo concentrato e genera ulteriore degrado".
Cioè?
"Penso alla prostituzione. Sia maschile che femminile. Spesso under 30 che per tirare su i soldi per una dose dallo spacciatore, si prostituiscono. I loro clienti? Anziani che non rifiutano l’approccio e pagano quei 40 euro della dose. La prostituzione a Pesaro c’è sempre stata, vissuta in modo discreto negli appartamenti. Segnalo che oggi al Parco è molto forte: non c’era mai stata prima nella storia della nostra città. Certo non siamo Rimini, ma Pesaro è a rischio. E’ diventata meta di consumatori di droghe che arrivano al Parco da Ancona, Falconara, Marotta, Fano. Idem gli spacciatori: vengono da Rimini con il treno, fanno orari d’ufficio. Vendono morte e se ne tornano. Il giorno dopo ricominciano".
I segnali di un’attività continua, secondo Giardini, ci sono tutti: "Le bottigliette di plastica che servono ad estrarre il crack; la stagnola bruciacchiata di chi si è fatto di eroina; il bicarbonato per preparare il crack; le siringhe con l’ago ancora attaccato. Il sottobosco è un nascondiglio infallibile: chi passeggia può pensare di trovarsi davanti a dei rifiuti, ma non è proprio così".