Pesaro, 10 marzo 2022 - Letti sporchi, bagno sudicio, scarafaggi, resti di cibo nel frigo, muffa sui muri (video). Un letamaio. E’ il luogo che dovrebbe ospitare alcuni dei profughi ucraini che si sono rifugiati in città e provincia per scappare dalle bombe. Quel luogo è un Cas, Centro di accoglienza straordinaria, uno di quelli che in passato hanno accolto migranti da ogni dove e oggi vengono riutilizzati per gli ucraini. Si trova a Fratte Rosa, nel fanese, e l’hanno trovato in condizioni inaccettabili i primi profughi che sono stati indirizzati lì dopo essere stati inseriti nel programma di accoglienza.
A gestirlo è la Eurolex (che ne ha oltre venti sparsi per la provincia), società di Cristina Cecchini (ieri è stato impossibile parlare con lei), avvocato, ex consigliere regionale di Rifondazione comunista, ormai l’unica a partecipare ai bandi per l’accoglienza e che già in passato era finita sotto accusa per le condizioni di alcuni Cas. In quello di Fratte Rosa sono andate nei giorni scorsi una decina di persone, ma sono scappate tutte dopo aver visto quello schifo. Tra loro anche una donna con una bimba di 4 anni: dopo essersi rifiutata di restare lì, non le è rimasto altro che dormire in auto con la piccola.
A far emergere il Cas-letamaio è stata però un’altra vicenda nella quale si è trovata coinvolta l’avvocato e consigliere comunale Giulia Marchionni. La storia è simile a una delle tante che stiamo raccontando da giorni. Un’ucraina che da anni vive qui è riuscita a far arrivare dall’ovest del Paese sua madre di 63 anni e il fratello di 17. Non appena hanno messo piedi a Pesaro, si è mobilitata la rete dell’accoglienza, quella vera, autentica, realmente solidale. Una pesarese impegnata nel volontariato ha coinvolto più persone possibile: la titolare di un supermercato che ha donato viveri, una coppia che ha fornito coperte e materiale vario, un’anziana che ha messo a disposizione la casa e infine anche un avvocato, la Marchionni appunto, per sbrigare le pratiche necessarie. "Ho detto loro che sarebbero dovute andare in Questura per segnalare la loro presenza. Lunedì erano già davanti agli agenti, hanno firmato l’autodichiarazione e sono entrati nel programma di accoglienza, che prevede anche l’assegnazione di un alloggio".
La comprensibile soddisfazione per aver trovato un tetto stabile si è scontrata con la realtà di quello schifo, e il tragitto da Pesaro a Fratte Rosa è stato il passaggio dall’accoglienza buona e solidale a quella che non ha bisogno di aggettivi perché si descrive da sola con le foto che pubblichiamo qui e ancora meglio con i video nel nostro sito internet. "La donna ucraina e suo figlio se ne sono andati da quel posto – racconta l’avvocato Marchionni – anche se qualcuno ha fatto notare loro che così avrebbero rischiato di uscire dal programma di accoglienza. In realtà siamo tornati in Questura e lì, oltre a segnalare la situazione, abbiamo stabilito un nuovo domicilio per madre e figlio, ovvero l’appartamento che era stato trovato inizialmente per loro dalla rete di solidarietà cittadina".
La Prefettura, informata della vicenda, ha ordinato al proprietario di intervenire per rendere almeno vivibile la struttura di Fratte Rosa. "Dobbiamo garantire una vera accoglienza a queste persone che scappano dalle bombe – conclude la Marchionni –. C’è tanta gente diponibile ad aprire le proprie case, mettiamola in rete. Servono tetti e letti. E solidarietà vera".