Pesaro, 10 dicembre 2024 – Un racconto preciso, circostanziato e ancora carico di sofferenza. Ieri mattina davanti al gip del tribunale di Urbino Gianmarco Cantalini è stata ascoltata in incidente probatorio la ragazzina che, secondo l’accusa, sarebbe stata l’oggetto delle attenzioni sessuali del sacerdote di Sant’Angelo in Vado ora residente in Svizzera Roberto Pellizzari, 63enne. E’ accusato di violenza sessuale nei confronti dell’allora 14enne figlia della badante dell’anziana madre. I fatti risalirebbero al 2020 quando la ragazzina, insieme alla mamma, ha vissuto per circa un paio di mesi nella villetta di via Piobbichese a Sant’Angelo in Vado che, nell’aprile scorso, era stata messa sotto sequestro dalla polizia su ordine della procura di Urbino.
La ragazza, da poco maggiorenne, è assistita dall’avvocato Silvia Vanni e ieri ha risposto alle domande del pm Maria Moccheggiani ripercorrendo quelle settimane in cui ha vissuto una situazione che, come sottolinea il suo legale, l’ha psicologicamente segnata al punto che, solo a distanza di molto tempo, ha trovato il coraggio di raccontare la sua esperienza.
“La ragazza – racconta l’avvocato - viveva in uno stato di soggezione e disagio profondo dovuto al continuo controllo della propria vita quotidiana da parte dell’indagato. La ragazza subiva comportamenti lesivi della propria sfera personale, consistenti in toccamenti e altri gravi comportamenti invasivi della sfera privata. Il periodo poi si è interrotto a causa di una repentina presa di posizione da parte della madre che ha deciso di ’fuggire’ dall’abitazione dove erano ospitate. La ragazza durante il periodo e nei mesi successivi ha sofferto di un importante disagio”.
La giovane ha descritto le molestie subite e quei comportamenti ai quali, pur non sapendo sempre dare un nome, le creavano un profondo stato di ansia e di imbarazzo. Ha parlato di quella presenza continua che controllava la sua vita in tutti i movimenti e di comportamenti che violavano la sua sfera più intima. Il pm, durante l’incidente probatorio, ha ripercorso i passaggi che lei aveva già affrontato quando era stata sentita in procura quest’estate.
La ragazza ha raccontato del profondo senso di sofferenza che le creavano quelle mani che si allungavano dove non avrebbero dovuto e la scelta, inconsapevole, di non raccontare nulla nel timore che la madre potesse perdere il lavoro. Ma la donna, non appena ha capito che quei comportamenti deviavano dal normale affetto, con una scusa si è allontanata insieme alla figlia e si è rivolta ad un’assistente sociale che l’ha aiutata a contattare i carabinieri. Oltre all’indagine penale è stata aperta anche un’istruttoria ecclesiastica da parte della Diocesi di Pesaro con l’intento di far luce su quanto accaduto.