Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha nominato cavaliere al merito della Repubblica Rosa Maria Lucchetti, la cassiera dell’Ipercoop che aveva donato al personale del 118 tre carte prepagate per un totale di 250 euro per l’acquisto di cibo ed altro durante il periodo di emergenza del coronavirus.
Rosa Maria, si sente più una cassiera o un cavaliere?
"No, guardi, io resto quella di sempre e non mi vanto di nulla. Non so neppure cosa significhi esattamente questa nomina. Però mi ha fatto un certo effetto e mi sono commossa quando me lo hanno detto. Ma non ci faccio caso. Mi commuovo spesso, è nel mio carattere".
Torniamo a quella mattina di marzo, alla sua donazione per il 118...
"Ho fatto un gesto con il cuore, in silenzio. Non sapevo come avvicinarmi all’ospedale in quei giorni drammatici, ma volevo in qualche modo dare il mio contributo. Conoscevo un ragazzo da tanti anni che lavora al 118 e gli ho detto che volevo fare un regalo per quelle persone straordinarie e se potevo consegnarlo a lui. Così alla sera ho scritto una lettera, l’ho stampata e al mattino alle 8,30 ho acquistato le tessere prepagate al lavoro e sono tornata a casa, gliel’ho consegnata e sono andata a lavorare"
A proposito, mai temuto il contagio?
"No, ho sempre lavorato tranquillamente, mi sentivo sicura e protetta. Il nostro direttore è stato sempre presente, è stato il primo ad accogliere i clienti, a scendere in reparto, e questo ci ha dato serenità"
Torniamo al suo gesto: poteva regalare mascherine, dispositivi, perché cibo?
"Ho pensato che medici e infermieri delle ambulanze non avessero tempo nemmeno per mangiare in quei giorni drammatici e così ho detto: chi lavora per salvare le vite merita più di un panino per la pausa pranzo. Con la prepagata potevano anche andare al nostro punto ristoro Ipercoop, oppure portarsi il cibo all’ospedale"
Qualcuno l’ha ringraziata?
"Sì, dal 118 sono venuti a cercarmi alla cassa per ringraziarmi e mi sono di nuovo commossa"
Lei ha donato tre tessere prepagate per un totale di 250 euro, scusi ma quanto guadagna?
"Lavoro venti ore, il mio stipendio ogni mese non arriva a mille euro ma solo se faccio gli straordinari"
E le basta per vivere?
"Viviamo con il mio stipendio e con una piccola pensione di mio marito, ma per essere felici basta poco".
Ma perché piange?
"Sono fatta così, forse è il mio passato di figlia adottiva che mi torna in mente spesso. Non è la prima volta che dono qualcosa. Do quello che non ho ricevuto da bambina. Ho vissuto in collegio per anni in attesa di una nuova famiglia e non è stato facile. Quando una famiglia pesarese mi ha adottata avevo nove anni. Ripensandoci forse al 118 ho donato cibo anche per le sofferenze subite da piccola, quando ero malnutrita e costretta alle cure dell’ospedale. In collegio ti punivano, mangiavo poco, sono stata adottata con qualche problema. Poi ho trovato una famiglia che mi ha voluto bene. Il mio babbo adottivo ogni sera mi chiedeva com’era andata la giornata. E io ricordo che rispondevo sempre: il mio cuore è felice".
Anche ora è felice?
"Sì, mi mancano i miei genitori adottivi, ma sono felice. Sono sposata, ho una figlia con due lauree nonostante il nostro tenore di vita contenuto. Ma non è questo che conta. La mia famiglia adottiva mi ha cresciuta con un concetto: c’è la paghetta, basta che ti dai da fare. Io l’ho insegnato anche a mia figlia. Il resto viene. Sono una che fa un inverno intero anche con un paio di scarpe, non importa. Non ci manca nulla, c’è gente che ha molto più bisogno di noi o che ha sofferto tanto in questo periodo. Mi viene in mente il racconto di una cliente e l’abbraccio straziante alla bara della nipote morta per covid, avvenuto solo dopo avere disinfettato tutto. Credo che ognuno di noi debba dare qualcosa per essere più felici tutti".
Festeggerà il "cavalierato"?
"No, non ci ho pensato proprio, anche se voglio dedicarlo ai miei genitori adottivi che mi guardano da lassù. Sicuramente festeggerò altro"
Cosa?
"Il mio compleanno. Compio 52 anni il 13 giugno. Ma niente di che: verrò al mare se posso, basta poco".