Una carriera iniziata "un po’ per caso", grazie a un vero colpo di fulmine, ma che poi si è riflessa in modo positivo sull’intera Urbino negli ultimi 30 anni, è terminata ieri. Dall’1° gennaio è in pensione il commissario Daniele Ambrogiani, vicedirigente del locale Commissariato di pubblica sicurezza. Un urbinate al servizio degli urbinati, presenza costante per la città sin dal 1994, il cui impegno è stato riconosciuto dal Consiglio comunale a dicembre.
E dire che all’inizio la polizia non la conosceva: "Rimasi affascinato dalla Stradale andando in moto – dice –. Così feci domanda per fare il servizio di leva in polizia, però non andò a buon fine per il suo passaggio da Corpo militare a civile. Rientrato dalla leva, fui tuttavia richiamato a sostenere la visita per entrare in polizia: andò bene e partii per Bolzano. Il primo incarico fu all’aeroporto di Rimini, poi chiesi il trasferimento nel locale commissariato. Lì feci una bellissima esperienza di polizia giudiziaria, con indagini anche complesse e importanti, perfino sui fatti della Uno bianca. A volte sembrava di vivere in un film".
Nel 1994 il ritorno a Urbino, per avvicinarsi alla famiglia, con incarichi in polizia giudiziaria e squadra informativa, fino alla polizia amministrativa, durante il covid, e alla promozione a vicedirigente, negli ultimi anni, per mano del vicequestore Simone Pineschi. Nel frattempo ci furono gli avanzamenti: da sovrintendente a ispettore, poi ispettore superiore, sostituto commissario e commissario.
"Ho avuto tanti dirigenti, tutti con qualità differenti e tutti ottimi, che stimolavano a dare il massimo – racconta –. A Urbino, a livello operativo il lavoro non è confrontabile con altre città, qua non c’è criminalità organizzata, quindi si lavora bene. Molto da fare l’ho avuto con i movimenti studenteschi, negli anni 2008-’12: non sono mai andati oltre le manifestazioni, però ci tenevano attivi".
A proposito di studenti, tanti sono i giovedì notte in cui ha prestato servizio in centro: "Da una decina d’anni a questa parte la cosa è migliorata di gran lunga – dice –. Era diventata una situazione insostenibile. Sì, ci sarebbe ancora da migliorare, ma qui di giovedì si riversa qualche migliaio di persone. Se tra loro ce ne sono 50 che esagerano, non possono rimetterci tutti gli altri, che sono ragazzi in gamba, studiano e si stanno solo divertendo".
Ora che la carriera si è chiusa, Ambrogiani può tracciarne un bilancio anche a livello umano: "Quando sono arrivato qui non mi sembrava vero, in commissariato mi sembrava di essere a casa, non percepivo la funzione di fare il poliziotto, faceva un effetto strano. Da un lato, mi è poi rimasto più facile lavorare qui, essendoci nato e cresciuto conoscevo la mentalità del posto, però capitava di trovarsi in difficoltà, a volte, quando ti aspettavi una collaborazione dalle persone che magari non arrivava per un timore della ritorsione, che qui non esiste. In polizia ho avuto colleghi fantastici, che mi hanno arricchito tanto, in un ambiente di rispetto. E poi lavorare al servizio della gente di Urbino è stato un valore aggiunto. Ora che sono a fine percorso dispiace, perché è stata una fetta di vita lunga 40 anni. Il cambiamento un po’ preoccupa, però faccio tante attività, come volontario della Croce rossa o come delegato provinciale del Motoclub Polizia di Stato: se uno si rende disponibile, il modo di impiegare il proprio tempo per gli altri si trova".
Nicola Petricca