Pesaro, 6 novembre 2021 - Maurizio Guerra non è solo un infermiere navigato. E’ anche un appassionato di arti marziali e Cross Training. Competenze che oggigiorno possono far comodo se si lavora in pronto soccorso. Dove sempre più spesso i sanitari si trovano a fronteggiare utenti aggressivi e violenti. Come è accaduto mercoledì sera a Pesaro, dove un 23enne si è scagliato come una furia contro il personale, donne e uomini, indirizzando calci, pugni e sputi verso chi cercava di contenere la sua collera, probabilmente causata dall’assunzione di sostanze. "Io stavo smontando – dice Maurizio Guerra, uno dei malcapitati – ma sono dovuto andare a soccorrere delle colleghe in difficoltà. Quel ragazzo era veramente fuori controllo, e dire che nel momento in cui era arrivato, accompagnato dal padre, era stato collaborante".
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Poi, d’un tratto, il buio della mente: "Gli stavano facendo il prelievo, quando ha dato di testa. Una vera furia: si è strappato l’ago e ha dato un cazzotto a un’infermiera. Un altro collega ha cercato di tenerlo fermo, ma il paziente si dimenava talmente tato che il collega, per trattenerlo, si è lussato la spalla. Poi sono arrivato io e per venti minuti sono stato lì a prendermi insulti e persino sputi. Non si è calmato finché non è stato sedato, ma poi di fronte alle forze dell’ordine ha ripreso ad agitarsi. Davvero, una serata infernale. Ed è solo la punta dell’iceberg".
Le violenze in pronto soccorso, infatti, non sono una novità degli ultimi tempi. Ma si sono aggravate per via di elementi contingenti: "L’insofferenza – spiega Guerra – nasce dal fatto che la gente staziona molte più ore in Pronto soccorso. E questo dipende dal fatto che non ci sono posti letto, perché a causa della pandemia sono stati necessariamente ridotti. Ovviamente non parliamo delle urgenze, quelle vengono subito prese in carico. Ma spesso i più intolleranti sono proprio quelli che possono permettersi di aspettare: codici bianchi e verdi. C’è anche il problema dei familiari, che non possono entrare e aumentano il conflitto. E poi c’è sempre un’attesa media di 1520 persone... Una situazione che non si può gestire in 10 operatori. Senza considerare che di notte siamo ancora meno, non più di 3 o 4".
Ma c’è anche il problema del ’tipo’ di utenza. L’afflusso in Pronto soccorso non è dato tanto dai pazienti covid, che al momento sono pochissimi. Ma da tutta una serie di utenti perlopiù anziani, pluripatologici, che non dovrebbero rivolgersi a una struttura ospedaliera, ma al territorio. Se non lo fanno, è perché nella nostra provincia questi posti praticamente non ci sono. E le famiglie, non sapendo come gestire il familiare anziano e malato, non trovano altra soluzione se non quella di rivolgersi all’ospedale. E magari dopo 2 o 3 giorni quegli stessi anziani, dimessi, sono un’altra volta lì, con gli stessi problemi. "La cosa veramente grave – conclude Guerra – è che questi atti di violenza fisica e verbale si indirizzano principalmente contro le donne. Che tra l’altro rappresentano la maggioranza. A qualcuna ho dato anche delle indicazioni per la propria difesa personale. Ma la solutìzione non può essere questa, non dobbiamo essere noi a difenderci". Il comparto – ovvero l’insieme di infermieri, Oss, tecnici di Marche Nord – è in effetti composto da 1670 persone, di cui appena 380 sono uomini.