BENEDETTA IACOMUCCI
Cronaca

Orchestrali e coristi di Kiev salvati L’ex primario in missione tra i profughi

Il racconto del dottor Giammaria Fiorentini, che fino a due anni fa ha lavorato al San Salvatore "Nel gruppo c’era gente che veniva da Mariupol: da 40 giorni erano costretti a dormire nei sotterranei"

diBenedetta Iacomucci

Sono molti a ricordare a Pesaro il dottor Giammaria Fiorentini, per 9 anni direttore dell’unità operativa ospedale-territorio di Cure palliative oncologiche dell’azienda ospedaliera Marche Nord. Dopo la pensione, divenuta effettiva nel 2020, il dottor Fiorentini, oggi 68enne, è tornato nella sua Ravenna, dove ha proseguito l’attività e ha anche prestato il suo contributo durante la pandemia come medico vaccinatore. Ma con Pesaro ha sempre mantenuto un legame speciale, anche per via della sua passione per la musica, che lo rende una presenza fissa del Rossini Opera Festival. Due passioni, quella medica e quella artistica, che hanno trovato un comune ’sfogo’ nella missione che rencentemente ha portato l’oncologo ravennate a Przemysl (cittadina polacca, teatro della figuraccia di Salvini, per capirci) per portare in salvo 59 orchestrali, coristi e ballerini del teatro di Kiev.

Dottore, come si è ritrovato in questa missione?

"Purtroppo faccio fatica a tirmarmi indietro. Cosa che mi crea anche qualche problema in famiglia. Ad ogni modo serviva un medico e che parlasse inglese. Mi sono subito reso disponibile".

Ma qual è il legame con gli artisti del teatro di Kiev?

"Kiev era stata la meta del Viaggio dell’amicizia di Ravenna Festival nel 2018, fu in quell’occasione che Cristina e Riccardo Muti, ravennate d’adozione, conobbero gli artisti del Teatro, gli stessi che oggi hanno trovato rifugio a Ravenna. Quando è arrivata la richiesta di aiuto da parte di persone di Kiev e Mariupol, Cristina Mazzavillani Muti, moglie del Maestro, ha organizzato la missione partecipandovi personalmente e sostenendone le spese".

Com’è stato il viaggio?

"Siamo partiti lunedì 4 e rientrati mercoledì con due pullman di 50 posti, prelevando i profughi al confine polacco".

Come ha trovato quelle persone?

"Erano chiaramente molto provate. Quelli che provenivano da Mariupol dormivano nei sotterranei da 40 giorni. Ma non c’è solo questo. Ad esempio io avevo contatti col centro oncologico di Kiev, dopo Chernobyl c’erano molti casi di tumori pediatrici e cerebrali. Il dramma della guerra è che tutte le patologie che non sono da ferite (schegge, schiacciamenti, ustioni) non vengono curate, così la gente muore di cardiopatie, tumori e insufficienza renale. Tra le mortalità di guerra sono un numero enorme. Insomma, non ci sono solo le morti dirette provocate dalla guerra, ma anche quelle indirette".