Pesaro, 25 maggio 2022 - Ventiquattro anni di carcere. È la condanna decisa questa mattina dalla Corte d’Assise di Pesaro per Vito Cangini, l’80enne, ex saldatore, originario di Sarsina (Forlì-Cesena), reo confesso dell’omicidio della moglie, la 61enne ucraina Nataliya Kyrychok, cuoca in un ristorante di Misano adriatico, uccisa nella notte tra il 25 e 26 dicembre 2021, con 12 coltellate, nella loro casa a Fanano di Gradara. Una sentenza lampo, arrivata dopo appena un quarto d’ora di camera di consiglio, che ha chiuso il primo grado di un processo velocissimo, definito in due sole udienze.
La Corte d’assise (presieduta dal Giuseppe Fanuli, a latere Maurizio Di Palma) ha così accolto la richiesta avanzata dal pm Giovanni Narbone, ma, fermo restando l’aggravante del vincolo coniugale, ha escluso quella dei motivi abietti e futili. "Non si è trattato quindi di un femminicidio, ma di un uxoricidio, come abbiamo sostenuto – hanno commentato i difensori di Cangini, gli avvocati Fiorenzo e Alberto Alessi del foro di Rimini – questo era un processo di pena e non di responsabilità sulla quale non ci sono dubbi. Ora attendiamo di leggere le motivazioni e poi penseremo all’appello". Ieri mattina, Cangini non era in aula, a differenza della scorsa volta. Ha preferito non essere presente, temendo di non riuscire a reggere il peso dell’udienza e soprattutto la lettura della decisione. Dopo 17 anni di matrimonio, negli ultimi due il rapporto tra l’80enne e la moglie si era sfilacciato. Nataliya lavorava sempre, al ristorante come cuoca e anche come badante. Il marito lamentava di essere sempre solo. "E quella era la mia paura più grande: restare solo come accade a tanti anziani" aveva detto Cangini, il quale sospettava anche che la moglie lo tradisse. "Il nostro assistito – hanno precisato stamattina i suoi legali durante l’arringa – soffriva di un senso di inadeguatezza a rapportarsi intimamente con Nataliya". La notte a cavallo tra Natale e Santo Stefano, Nataliya aveva promesso al marito che al ritorno dal lavoro, avrebbero avuto un rapporto sessuale. L’80enne aveva preso una pasticca di viagra. Ma la donna, una volta a casa, si è messa a letto, per dormire. Un comportamento che per Cangini è stato l’ulteriore prova che lei avesse un altro. Così hanno cominciato a litigare, lui ha afferrato un coltello e l’ha uccisa, dopo averla colpita con 12 fendenti di cui due letali a cuore e polmone. Poi si è rimesso a dormire, "per l’alcol che aveva bevuto il pomeriggio" hanno sottolineato i legali. Il giorno dopo ha telefonato al datore di lavoro della donna, che sospettava fosse il suo amante, avvisandolo di aver ucciso Nataliya. Ma ha chiamato anche tre amiche della moglie per confessare quello che aveva fatto. Non solo. Uscito col cane, aveva riferito l’omicidio anche a un passante. Nel frattempo, il ristoratore aveva avvisato i carabinieri che lo hanno raggiunto e messo in stato di fermo. Dal processo è emerso che la donna avesse un altro uomo, ma non era il suo datore di lavoro. "E comunque è irrilevante sapere chi sia – aveva spiegato il pm Narbone durante la sua requisitoria – l’imputato ha ucciso perché ossessionato dalla gelosia a prescindere dall’identità dell’altro uomo. Ma non tutti gli omicidi sono da ergastolo e questo non lo è: per l’età dell’imputato, la confessione, il pentimento, la collaborazione processuale". Da qui la richiesta di 24 anni. Pena confermata questa mattina dalla Corte d’assise che ha però fatto cadere l’aggravante dei motivi abietti e futili dovuti alla gelosia. Le motivazioni tra 60 giorni.