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Oggi l’addio a Elso Bastianelli. Visse la strage di Ca’ Mazzasette

Oggi l’addio a Elso Bastianelli. Visse la strage di Ca’ Mazzasette

Chi sale a Ca’ Mazzasette sente forte la voce del vento che dialoga con il silenzio. E’ così da settant’anni. Qui, nella piccola Marzabotto della provincia, da quel primo novembre 1943 in cui una colonna di tedeschi e di fascisti marciarono alla caccia di "Rivo" Erivo Ferri, il partigiano, ammazzando Adele Cecchini, di 61 anni, Assunta Guarandelli di 29 anni e Pierino Berardi, di 19 anni sparato alle spalle mentre tentava di fuggire, in paese di parole ne girano poche.

In questo silenzio se n’è andato alle 19,30 di giovedì Elso Bastianelli, tra gli ultimi testimoni della strage assieme a sua moglie Iolanda Carloni. Elso è deceduto all’ospedale di Urbino, dove era ricoverato da alcuni giorni per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Con lui si chiude la porta di un’epoca. Il secolo del nero e del rosso, della lotta per la democrazia, dell’onestà contro la prevaricazione e la violenza. Si chiude la porta della sezione locale del partito comunista, storica sezione della rossissima Ca’ Mazzasette, che lo stesso Elso aveva retto da segretario fino allo sconvolgimento, al mutare delle sigle (da Pci a Pds a Ds), al frantumarsi dell’ideologia che aveva nutrito la sua adolescenza cruda, segnata dalla guerra e dalla dittatura.

"I fascista", li chiamava lui. In una intervista che aveva concesso a noi anche in video, documento preziosissimo per ricostruire quella vicenda, Elso assieme a sua moglie Iolanda, che ancora mantiene una memoria di ferro, aveva raccontato quello che aveva sentito e visto in quel funesto 1 novembre: "Gli spari, le camionette dei fascisti e dei tedeschi che Erivo Ferri, il partigiano, aveva accolto a mitragliate assieme a suo cugino Mario Ferri, detto El maresciall, e poi il terrore: ci fecero uscire tutti di casa, temevamo per fucilarci, gli uomini da una parte e le donne dall’altra, salvo poi rilasciarci per la mediazione del podestà. Rivo si nascose sotto una fascina, una pistola pronta per spararsi se l’avessero preso. Riuscì a dileguarsi". E poi quel terribile dubbio, il perché Ca’ mazzasette, al contrario di Marzabotto, non fu rasa al suolo: "Ci abitava il traditore – aveva confidato Elso – da tutti conosciuto come “Armeri“", alias Eugenio Caroti, fascista locale: "C’erano i suoi parenti in paese, non potevamo distruggerlo", aveva confidato Elio assieme a sua moglie. Ci andavamo, ogni tanto, a trovarlo con mio padre Antonio che aveva accolto nella sua casa "ma Ca’ pecc“", i fuggitivi dopo la sparatoria. Un sodalizio fatto di sguardi. Elso era uomo di lavoro. Con le sue mani aveva scavato gallerie e fatto l’autotrasportatore. Il funerale è oggi alle 15 nella chiesina di Ca’Mazzasette. Elso lascia la moglie Iolanda, i figli Valentino, Donatella ed Emanuela e i nipoti. Lascia anche il vuoto e il silenzio.

Davide Eusebi