Pesaro, 25 dicembre 2024 – Iole Foschi ha 93 anni e d è una delle più longeve, esperte e abili “sfogline” della nostra provincia e forse d’Italia. Assieme alla collega Piera Giorgi, 81 anni, e alle sue giovani allieve ha appena terminato di tirare una sfoglia per cinquanta chili di cappelletti per il ristorante “Il Piccolo mondo” di Mombaroccio in cui presta la sua preziosa opera manuale da circa 40 anni. “Non possiamo proprio fare a meno di lei e nemmeno di Piera: vederle lavorare è uno spettacolo, così come è spettacolare constatare che ci sono giovani che stanno imparando da loro l’arte di tirare la pasta”, spiegano Lorenzo Romani e sua moglie Anna Elisa Dell’Onte che in famiglia hanno un altro giovanotto al lavoro: Ernesto Lorenzi di 88 anni, papà di Romano, che nell’azienda raccoglie le olive e fa l’olio extravergine e che ha appena ritirato il primo premio nel concorso “L’oro delle Marche”. Insomma una impresa senza età quella del Piccolo mondo di Mombaroccio e se i ristoranti per Natale sono per la maggior parte strapieni, chi resta a casa potrà ben fare tesoro dei consigli della 93enne maestra del matterello.
Iole Foschi, come sta innanzitutto?
“Bene, grazie, anche se tirare mezzo quintale di sfoglia alla mia età non è una passeggiata, però me la cavo ancora”.
Quali sono i segreti per fare la sfoglia?
“Non bisogna perdere tempo e bisogna scegliere gli ingredienti genuini. Quando si fa la fontana (la farina disposta a cerchio sulla tavola con il buco in mezzo ndr) bisogna rompere le uova con la chiara e impastare. Il segreto è tutto lì. Bisogna lavorare di mano e con cura, fino a quando la palla è morbida e lucida. Non va lasciata lì perché altrimenti si secca. Va subito stesa con il matterello e quindi va divisa in quadretti e si passa alla farcitura”
Calma, calma, ci spieghi meglio che dobbiamo farli a casa per Natale: proporzioni?
“Un uovo, possibilmente nostrano, per ogni chilo di farina”
Il ripieno ?
“Machè a lasc fè (“In questo caso lascio libera scelta“”
Come lascia fare?
“Sì, na’ volta in campagna nel ripieno si metteva quello che c’era, poi magari qualcuno preferisce carne di tacchino, o di maiale, o polo cotta in proporzioni diverse”
Ci dica la sua
“Un paio di etti di arrostino di carne mista di maiale, manzo, pollo, un uovo, se vi piace un po’ di noce moscata e la scorza di limone, ma io ci metto anche una puntina di salsiccia cotta che dà il suo sapore. Il maiale una volta in campagna era sempre presente”
A proposito, da quando fa la pasta fatta in casa?
“Da quando ero una ragazzina: avevo quindici anni, mi hanno insegnato tutto la mamma e la zia”
Dove abitava?
“A Monte Santa Maria, in campagna”
Anche ai suoi tempi i cappelletti a Natale?
“Magari, a Natale c’erano i quadrucci”
I quadrucci?
“Sì, i quadrucci in brodo, i piccoli ritagli di pasta ma senza farcitura. Allora non c’era nulla e i piatti erano poveri. I cappelletti erano un lusso, sono arrivati dopo la guerra, quando si cominciava a stare meglio”.
E i regali?
“Che regali?
Di Natale, niente?
“Niente di niente, i regali non esistevano, a Natale, il regalo era stare davanti al fuoco a scaldarsi e a parlare. Era stare insieme alla famiglia, in casa, senza fare niente di eccezionale”
Certo che oggi va un po’ meglio, no?
“Mica tanto, eravamo più felici una volta senaza niente, oggi la gente è arrabbiata, una volta si andava d’accordo, ci si accontentava di poco e ci bastava per essere contenti”
Fino a quando continuerà a tirare la sfoglia?
“Fino a quando mi chiamano. Ancora riesco, però dopo questa faticata a Natale vado a mangiare i cappelletti da mia figlia. Il 25 dicembre mi riposo e mangio i suoi”.