REDAZIONE PESARO

Nei panni dei migranti. Il gioco di 400 studenti per capire il loro calvario

La coop Labirinto ha creato "Parti o resti", simulazione ispirata da fatti veri, con cui i ragazzi del Mengaroni e Mamiani vivono il dramma dei rifugiati.

Nei panni dei migranti. Il gioco di 400 studenti per capire il loro calvario

La coop Labirinto ha creato "Parti o resti", simulazione ispirata da fatti veri, con cui i ragazzi del Mengaroni e Mamiani vivono il dramma dei rifugiati.

"Parti o resti?" è un gioco di ruolo. Alla fine della partita si cresce nella consapevolezza di cosa abbiano affrontato i migranti – rifugiati politici o richiedenti asilo – prima di fuggire dal loro Paese. Per esempio, può capitare di indossare i panni di Arif, 14enne somalo che viene arruolato dalle milizie. "Sottrarsi, per Arif, vuol dire rischiare la vita" spiega Marianna Bianchetti, operatrice della Labirinto, la Cooperativa ideatrice del gioco funzionale alla sensibilizzazione della cittadinanza verso l’integrazione dei migranti nel tessuto sociale pesarese. "Ma accettare – continua Bianchetti –, per Arif vuol dire finire in una spirale di violenza, umanamente insopportabile. Mettersi nei panni di Arif vuol dire imbracciare un’arma per uccidere amici e fratelli del tuo villaggio. Un abbrutimento che Arif affronta solo quando è drogato: solo stordendosi riesce a uccidere. Mentre solo fuggendo può ambire ad un destino diverso".

Le storie di altri rifugiati – le cui storie sono ispirate a fatti realmente accaduti – non sono meno drammatiche. Fino ad oggi, al gioco di ruolo “Parti o resti“ hanno partecipato 400 giovani, studenti del liceo Mengaroni e del liceo Mamiani. Ma non solo. La Cooperativa Labirinto è stata invitata da associazioni, sindacati e dal presidente del quartiere 11, Andrea Tartaglia che ha organizzato una partita al Circolo del Porto. "Capire le ragioni che sono dietro la fuga di un rifugiato dal proprio Paese – spiega Cristina Ugolini, coordinatrice dei servizi ministeriali di seconda accoglienza Sai (servizi accoglienza integrazione) per Labirinto – ci permette di comprendere meglio le persone che abbiamo davanti". Nelle Marche nel 2022 erano 1.820 i migranti presenti nei centri di accoglienza e 1084 nei centri Sai della regione. La Labirinto, in questo momento, segue per i Sai 250 persone, tra cui 60 minorenni. Non sono persone da temere o di cui diffidare, ma da accogliere. "La mentalità è molto migliorata – osserva Ugolini –: sono diversi gli imprenditori che si rivolgono a noi per assumere persone straniere, formate da noi con tirocinii nelle aziende del territorio. Abbiamo riscontri molto positivi dagli imprenditori, tanto che trovare un lavoro, per un rifugiato, oggi, è possibile". Ma l’integrazione non può passare solo tramite l’ambiente di lavoro. "Progetti come “Parti o resta“ coinvolgono la comunità su riflessioni necessarie – osservano gli assessori comunali Camilla Murgia e Luca Pandolfi –. Aiutano a smontare pregiudizi e streotipi, motivo di conflittualità sociale". Ecco perché ieri è stato lanciato l’invito a giocare: "Speriamo di essere contatti da altre scuole – spiega Ugolini –, ma anche da associzioni e gruppi che hanno voglia di provare. L’esperienza non prevede costi, è gratuita". Quanti interessati possono scrivere a info@labirinto.coop o telefonare 335 742 2471. Anche a Pesaro c’è bisogno di integrazione. "Trovare da affittare una casa per un pesarese è difficile, ma per uno straniero è impossibile – testimonia Bianchetti –. Anche se guadagna 1.800 euro al mese con un contratto a tempo indeterminato, una persona di colore che vuole affittare un appartamento riceve solo dinieghi. Nella migliore delle ipotesi accampano scuse, nella peggiore te lo dicono proprio in faccia". Cosa dicono? "Lui no, è nero". Proprio così: accade a Pesaro nel 2024.

Dopo due ore di gioco con “Parti o resta“ i riscontri sono incoraggianti. Ieri in conferenza stampa il preside Roberto Lisotti, le insegnanti Roberta Monno ed Elisa Bini, hanno testimoniato "il coinvolgimento emotivo degli studenti e l’efficacia del progetto". La speranza è che i ragazzi trasmettano in famiglia i valori acquisiti.

Solidea Vitali Rosati