Pesaro, 31 luglio 2019 - Quattro enormi bilici con targa inglese erano schierati ieri pomeriggio davanti alla sede del museo Morbidelli in via Fermo. Sopra una scritta molto eloquente ‘Cars, classic relocation services’.
Quando si raggiunge la sede del museo, fuori solo i quattro bisonti schierati, uno con la zona di carico dentro i cancelli dei capannoni del museo. Non girava un’anima. Inutile suonare il campanello e nemmeno far squillare il numero del cellulare scritto con un pennarello davanti alla porta d’ingresso. Squilli a vuoto.«Guardi fino a poco tempo fa – dice un dipendente di una fabbrica che sta dall’altra parte della strada –, c’erano diverse macchine, ma ora sono andati via tutti. Ma è un po’ che girano persone... Non da oggi. Altri due bilici li abbiamo visti partire ieri. Ma onestamente non so se siano gli stessi che vedete qui davanti»».
Inutile chiamare a Gianni Morbidelli, perché l’ex pilota di Formula 1, non risponde. Chiaro che da parte della famiglia non si vogliono fare commenti su questo giro di boa, nemmeno poi tanto improvviso. Perché la vicenda del museo creato da Giancarlo Morbidelli sta andando avanti ormai da 4 anni senza mai riuscire a trovare una soluzione, che potesse accontare la città e la famiglia.
La notizia ‘dei lavori in corso’ viene confermata sia da Luciano Battisti grande collezionista che dal vice presidente del registro storico della Benelli, Paolo Marchinelli: alle ultime telefonate è stato risposto «che ormai era troppo tardi».
Non avendo nessuna conferma o smentita da parte degli eredi di Giancarlo Morbidelli, occorre ancorarsi alle voci dei ben informati che dicono che le moto della collezione, circa 350 mezzi, alcuni unici e di grande valore, andranno all’asta in Inghilterra. E a battere le varie moto sarà la ‘Tomas’ società specializzata in questo genere di operazioni. Ma non è da escludere che tutto il museo sia stato venduto ad un privato perché c’erano stati interessamenti.
«Mi viene giù una lacrima – commenta Paolo Marchinelli – perché la dentro c’erano dei pezzi unici. Noi non avevamo le forze economiche per fare una operazione di questo genere. Abbiamo provato con l’Asi, il registro delle auto storiche che aveva già acquistato tutto il museo delle auto Bertone, ma i tempi sono stati lunghi per il passaggio di presidenza. L’Asi era in grado di potersi mettere intorno ad un tavolo e avviare una trattativa. Ma quando si sono aperte le finestre c’è stato risposto che era troppo tardi». Luciano Battisti da parte sua dice: «Da quello che ho capito credo che Gianni Morbidelli voglia assolutamente salvare le moto da corsa che ha costruito il padre. Sembra che fosse molto deciso sotto questo profilo».
Il valore della collezione? Si parla di qualche milione «ma il problema era che la struttura costava troppo. Uno sforzo finanziario non facile da sostenere, per cui dopo tanti anni di promesse finite a vuoto, se la famiglia ha fatto questa scelta è giustificabile», si commenta. Per il momento, visto che gli eredi Morbidelli non parlano, l’unica cosa certa sono i quattro enormi tir fermi davanti al museo in via Fermo. Non una storia bella, anzi bruttissima per la città, ma s’era capito ormai da un pezzo che se non fosse intervenuto in qualche maniera qualche ente o ministero in grado di soddisfare le esigenze della famiglia, la fine era questa. Una delle ‘M’ di Pesaro (mare, monti, musica, maioliche, moto e mobili) sta perdendo un pezzo importante.