di Claudio Salvi
Un cinema patriarcale col maschio al centro di tutto. Per anni il mondo della settima arte ha raffigurato una società “machista“, dove la figura dell’uomo è stata sublimata in tutte le sue forme, anche quelle più basse: dominio, furbizia, infedeltà, inaffidabilità. Dalle grandi commedie ai cosiddetti b-movies, tutto il cinema ci ha raccontato un’Italia maschilista e poco rispettosa delle donne.
E ieri sera alla Mostra internazionale del nuovo cinema in piazza del Popolo a raccontarlo Piera Detassis, giornalista, saggista e critica cinematografica italiana che ha intitolato il suo intervento a Lezioni di cinema “La Mala Educaciòn del maschio all’italiana“ prima della proiezione dell’indimenticabile film di Ettore Scola “Dramma della gelosia (Tutti i particolari in cronaca)“.
Come mai la scelta di un titolo così esplicito?
"Una provocazione. Come giornalisti sappiamo che i titoli contano ed a volte affidiamo loro il potere di spiegare sinteticamente un pensiero; in questi casi una riflessione che fa parte di un progetto che porto avanti da tempo sull’educazione del maschio all’italiana. E’ un’analisi di come il cinema ha raccontato in tanti la società italiana, le donne, soprattutto attraverso la commedia. Una cosa che andrebbe portata anche nelle scuole oltre che in un festival di cinema. E poi questo titolo, la cui traduzione non lascia spazio ad equivoci, è anche un omaggio all’omonima pellicola di Pedro Almodòvar e al direttore della mostra Pedro Armocida".
E perché il cinema italiano ha raccontato sempre questa figura di maschio predominante?
"Per una cultura tossica forte e radicata in questo paese. Il merlo maschio furbo e scaltro; il predatore; il latin-lover seduttore; l’infedele ma anche il “padrone“; colui attorno al quale la donna diventa un semplice oggetto del piacere. Vede la commedia è stata la fortuna del cinema italiano ma anche un modo malato di raccontare questo paese e le donne".
Ci sono caduti anche i grandi registi?
"Certamente. Il peggior maschio italiano si sublima in tanti film; a cominciare dal grande Fellini, cresciuto in quel brodo culturale di mammismo italiano. E nei suoi film, per quanto siano delle grandi opere d’arte, emerge questo maschio che immagina e tratta la donna come moglie, figlia, serva e puttana. Una donna che poi si trasforma addirittura in clown. E’ sono stati tanti i film, che porto ad esempio, che raccontano questa mascolinità che definirei tossica. Oggi non sarebbe più possibile raccontare le donne così. Nessuno si permetterebbe di fare film come questi".
Per non parlare dei B-movies, i cosiddetti film da caserma.
"Guardi sotto certi aspetti mi sorprendono meno di certe commedie firmate dai grandi. In fondo erano pellicole piuttosto esplicite nate in un periodo di bigottismo ricorrente e rivolti ad un pubblico prettamente maschile. Ma non c’era meno machismo lì che nelle commedie dei grandi".
E oggi?
"Quel modello per nostra fortuna non esiste più e sarebbe impossibile oltreché grottesco riproporlo. Oggi è importante fare come stiamo facendo ovvero raccontare come si raccontava la donna nel cinema ma credo che siano maturi i tempi per riscrivere la storia del nostro cinema da un punto di vista femminile".