
Morìa di ristoranti, gli chef: "Senza marketing non c’è futuro"
Nel 2009 Acqualagna contava 23 ristoranti su una popolazione di 4.400 abitanti. Facendo una media, questo paese aveva un ristorante ogni duecento abitanti circa e parliamo di locali anche con centinaia di posti tavola.
Una proporzione straordinaria che aveva proiettato Acqualagna ai vertici nazionali: agli inizi degli anni 2000 Acqualagna era stata addirittura citata nel libro “I luoghi del gusto“ di Davide Paolini, il caso più importante di marketing territoriale in Italia legato a un prodotto tipico in un momento in cui il turismo enogastronomico era in crescita esponenziale. A oggi i ristoranti sono sei o sette. Hanno chiuso nomi storici come il Gipsy, il Leon d’oro, il Vicolo, la trattoria da Volgardo, il "2000" nel Comune di Cagli ma vicinissimo ad Acqualagna ed altri ancora. Così Acqualagna è tornata a livelli pre 1995 quando il numero dei ristoranti attivi era di cinque o sei. Come spiegano i ristoratori questo tracollo? "La crisi ha dato un colpo pazzesco al settore – spiegano Emanuela e Giorgio Marini – anche se noi ci difendiamo bene perché oltre alla nostra braceria Plinc abbiamo anche l’attività di commercializzazione del tartufo e una bottega molto frequentata. Ma i ristoranti faticano a trovare personale, a pagare affitti, mutui e bollette quadruplicate. Se prima si lavorava tutto l’anno, ora solo nei mesi del bianco pregiato. Sono mancati comunicazione e promozione. Posso dire che la promozione dell’entroterra è nulla". Alberto Melagrana dell’antico ristorante "Furlo": "Il sindaco Capanna aveva dato un impulso eccezionale con il marketing che produceva tanta visibilità, poi questa spinta è scemata progressivamente. Credo che al di là della crisi siano mancati comunicazione e il marketing. Siamo al 40 per cento delle nostre possibilità e anche il gruppo di ristoratori del tartufo non è più attivo con le sue iniziative. Credo che, più delle Pro Loco, siano i ristoratori ma dovere cucinare e a dovere tornare al centro della promozione".
Marina Giacomel gestisce con suo papà Nico lo storico ristorante "La Ginestra": "Sono d’accordo con i miei colleghi nel registrare che forse è venuta a mancare una promozione efficace dell’entroterra e in particolare del tartufo anche nelle stagioni. Abbiamo un prodotto straordinario, siamo gli unici che possono proporre tartufo fresco tutto l’anno, ma questo messaggio non circola più". La crisi? "Le crisi ci sono sempre state e sta all’imprenditore trovare soluzioni. Perfino con la pandemia ho avuto bilanci in attivo. Ho ragionato sul poco cercando di sfruttarlo al massimo. Mi sono affidata a broker e pago come prima luce e gas, forse qualcosa di meno. La forza dell’imprenditore sta nelle idee. E io cerco di mettere idee oltre a qualità e ospitalità. Per il futuro ci vuole un marketing più efficace sul nostro territorio".
d.e.