REDAZIONE PESARO

Mercatone Uno Pesaro, la rabbia. "Licenziati io e mia moglie"

Il racconto di un 62enne: "Come andremo avanti?"

Giancarlo Pacini in prima fila, al centro, tra i manifestanti

Pesaro, 1 giugno 2019 - Alla manifestazione di protesta dei dipendenti del Mercatone Uno, Giancarlo Pacini, 62 anni, sposato con Rosa, anche lei dipendente della grande catena, era in testa alla fila. «Perché qui la situazione non è bella affatto – dice –, perché abito a Ginestreto e sto pagando il mutuo. E a questo punto non so se ci riuscirò e mi gioco anche la casa. E per quello che riguarda la cassa integrazione, visto che al ministero ancora non hanno preso decisioni, siamo a livelli da fame». Una situazione brutta quella che racconta Pacini, «perché come me ci sono altre coppie che lavoravano all’interno del Mercatone e ora siamo tutti a spasso». Personaggio che non s’arrende «perché il ferro bisogna batterlo finché è caldo perché poi tutto, col passare dei giorni, finisce nel dimenticatoio».

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In una lettera Pacini dice di aver scritto un po’ a tutti «e questo il 9 aprile e cioè prima che arrivasse il famoso messaggino sul telefono dove si annunciava la chiusura dalla mattina alla sera. Ho scritto a tutte le più note trasmissioni televisive del paese, dalla Rai a Mediaset fino a La 7, ma nessuno mi ha mai risposto». Se la prende, Giancarlo Pacini, anche con chi ha trattato in questi anni il ‘bubbone’ Mercatone a partire dall’ex ministro Calenda «perché lì c’è qualcosa che non quadra nella vendita e lo ha anche ammesso nel corso di una trasmissione quando ha affermato che il compratore non era affidabile».

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E sarebbe?

«Sono stati ceduti 13 punti vendita alla Globo calzature per 20 milioni senza merce all’interno e quindi ne hanno ceduti 55, con merce all’interno, personale e avviamento per 25 milioni. Lei capisce che i conti non tornano».

Lei di cosa si occupava nella sede pesarese del Mercatone, lungo l’Urbinate?

«Io ero un venditore. Prima viaggiavo a provvigioni e poi sono passato dipendente. Già la prima volta, con il fallimento, abbiamo perso 4mila euro, siamo lì in attesa di riavere questi soldi, ma le dico onestamente che non li vedremo mai».

E poi c’è la questione dei clienti beffati.

«Il giorno prima di chiudere erano stati firmato contratti con 4 clienti per cifre intorno a 3mila euro e la merce non è stata consegnata perché sono state tirate giù tutte le serrande. E mia moglie ha lasciato il lavoro alle 20 e 30 e due ore dopo ha saputo come tutti i dipendenti che era in mezzo ad una strada».

Cosa auspica?

«Che qualcuno indaghi su questa brutta storia e che Rigoni (il proprietario, ndr), che fin dal suo insediamento non ha mai pagato nulla, né versato ciò che tratteneva nelle nostre buste paga, per essere versati agli enti destinati».

L’immobile di Pesaro di chi è?

«Di due noti mobilieri della città, ma non sono onesatamente se hanno mai riscosso gli affitti».