Enzo Mecella ha i tratti dell’onestà. Parla di vino con un tono delicato, come di chi muove una materia misteriosa e per questo da maneggiare con cura, quasi con riverenza. Lo conobbi un quarto di secolo fa, per la redazione di "Vini di Marca", il libro edito dal nostro giornale che parlava anche dei suoi singolari calici. A distanza di tanto tempo Enzo Mecella è lo stesso: il produttore fuori dal coro, che vinifica le uve con criteri di eleganza, limitando la parte zuccherina al minimo per far cantare le uve in tutta la loro agreste verità. Il suo spumante brut "Epilogo" brilla di luce giurassica. E’ uno spumante essenziale, un concentrato di mineralità finissima e di acidità straripante, due elementi che alzano la bevibilità alla massima piacevolezza e, appunto, verità. Si beve insomma un vino vero, segnato da note di tarassaco, timo limonato, cedro dell’Himalaya, guava con la sua anima gialla e bianca.
Il Verdicchio di Matelica "Sainale" ha anch’esso una freschezza vegetale, ossigenata da sentori fruttati ma anche d’altura come il morso di calendula smaltata. C’è un’altra versione del Verdicchio di Matelica, il "Godenzia", che ha un’anima mediterranea carica di frutta martorana e pasta di mandorle, solo per citare due delle note arabeggianti di questo vino che mostra anch’esso una freschezza sorprendente, un alito acceso. Mecella produce anche un Marche bianco Igt che chiama "Tre malvé" Quartcolore con nota agrumata integrale, estratto di malva essiccata, zenzero, tarassaco officinale. Questi vini hanno in comune lo stesso timbro un po’ francese, frutto anche della esperienza di Enzo che nel suo percorso ha respirato la cultura dei grandi Chablis con cui ha contagiato la sua produzione che, non a caso, viene apprezzata anche nei ristoranti della Romagna come la Gustoteca di Cattolica, "Meglio di niente", Casali e "Capitan Italo" a Misano, La Siesta a Riccione. Una incursione di verace marchigianità transalpina oltre il Rubicone. Evento raro, una impresa di bontà.
d.e.