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Pesaro: martellatore, la pena. Aggredì un papà: condannato a 5 anni per tentato omicidio

Tutto nacque da una banale lite, su una strada di Fermignano. La parte lesa, Matteo Bastianelli: “Non cercavo vendetta, ora voglio guardare avanti. La mia unica gioia è aver portato a casa la pelle”

Matteo Bastianelli, 47 anni, direttore Conad di Fermignano, sopra il suo aggressore, Simone Babbini, 44 anni

Pesaro, 17 luglio 2024 – Prese a martellate il direttore del Conad di Fermignano, per una banale lite stradale, e ieri il tribunale di Urbino lo ha condannato con rito abbreviato a 5 anni e 4 mesi di reclusione per tentato omicidio.

Si è concluso ieri il primo grado della vicenda giudiziaria che ha coinvolto il 44enne Simone Babbini, di Fermignano, che il 16 ottobre 2023 aveva aggredito Matteo Bastianelli, 47 anni, anche lui del luogo, sposato e con due figli mentre, all’alba, stava andando al lavoro alla circonvallazione.

Matteo Bastianelli gli aveva fatto cenno col braccio di rallentare quando Babbini, che stava percorrendo in auto a forte velocità la circonvallazione, tornò indietro cercando di investirlo e poi scese dall’auto con un martello. A quel punto lo rincorse e lo colpì per quattordici volte alla schiena, procurandogli un taglio anche in faccia, e poi cercò di gettarlo giù nel fiume. La furia di Babbini si interruppe solo all’arrivo di un netturbino che passava dalla zona per caso, e trasse in salvo Sebastianelli prima di chiamare i soccorsi.

L’accusa aveva chiesto una condanna a 9 anni e 6 mesi di reclusione per Simone Babbini, che si trova tutt’ora in carcere a Villa Fastiggi. All’udienza di ieri era presente sia l’imputato, difeso dal penalista Salvatore Asole, sia Matteo Bastianelli, che si è costituito parte civile rappresentato dall’avvocato Lino Falzarano. Il giudice ha anche previsto il pagamento di una provvisionale di 2500 euro per la parte civile e di 3500 euro a titolo di spese legali.

“Il rancore è qualcosa che fa male a chi lo porta - ha commentato Matteo Bastianelli dopo la sentenza -. Questa decisione mette un punto fermo alla vicenda, anche se in primo grado, ora intendo guardare avanti. Quello che è accaduto è una cosa che ancora mi porto dietro. Soddisfatto per la sentenza? La mia unica gioia, sinceramente, è quella di aver salvato la pelle e di poterlo raccontare. Credo che questa sentenza sia giusta e ringrazio anche il mio avvocato che mi è sempre stato a fianco. Io non cercavo vendetta. E’ giusto che si paghi: il pensiero di un coetaneo in carcere, tuttavia, pur essendo una vittoria legale, umanamente addolora tutti”.

Il dispositivo della sentenza letto ieri – commenta l’avvocato Lino Falzarano -, conferma l’ipotesi accusatoria. I fatti che sono stati oggetto della decisione del giudice sono in linea con l’indagine. Ci riserviamo di leggere le motivazioni che verranno depositate”.

Il legale della difesa Salvatore Asole, che aveva richiesto la derubricazione del reato in lesioni aggravate, anticipa che proporrà un appello e, all’esito delle motivazioni, potrebbe richiedere “una revoca o una modifica della misura cautelare. È caduta l’aggravante che era stata contestata al mio assistito, e cioè quella di aver approfittato delle circostanze riferite al tempo e al luogo. Il fatto è stato commesso in un luogo tutt’altro che isolato, buio e sperduto ma in un’arteria principale in cui dalle 5 alle 7 del mattino passano un migliaio di operai”.