Picchiava la moglie e le impediva di integrarsi, arrivando a vietarle di frequentare anche un corso di italiano. L’altro giorno, quel marito-padrone, un tunisino di 30 anni, è stato condannato in primo grado a 3 anni e 2 mesi di carcere. Il Tribunale collegiale di Pesaro ha anche liquidato 7mila euro di risarcimento danni alla donna, una connazionale di 27 anni, che si è costituita parte civile con l’avvocato Cecilia Ascani, la quale aveva presentato un conto di 90mila euro per quelle sofferenze subite tra le pareti di casa.
Violenze, sia fisiche che verbali, cominciate già dal 2017, quando lei aveva solo 22 anni. Tutto perché il marito non voleva che lei avesse contatti con altre persone. Al punto da proibirle anche di frequentare un corso di italiano. Perché questo le avrebbe permesso di conoscere ed entrare in relazione con altra gente. Un’idea inaccettabile che il coniuge le avrebbe fatto capire a suon di offese, insulti, divieti e botte. Due certificati medici provano quelle lesioni. In uno degli episodi più violenti, la donna era fuggita in strada col bimbo in braccio e gridando aiuto. Lei, secondo il marito, doveva solo fare la spesa, occuparsi del figlio e della casa. Quelle erano le sue uniche libertà. Ma lei ha reagito, denunciandolo.
e. ros.