BENEDETTA IACOMUCCI
Cronaca

Marina Abramovic: "La realtà mista è come viaggiare verso l’immortalità"

La più attesa di Pesaro 2024 ha esordito ieri a Villa Imperiale: "Instagram e TikTok non hanno nulla a che fare con l’arte".

Marina Abramovic: "La realtà mista è come viaggiare verso l’immortalità"

Marina Abramovic: "La realtà mista è come viaggiare verso l’immortalità"

Nostra signora della performance, la guerriera dell’arte contemporanea. Ma anche una donna che sa parlare senza filtri, che sa essere simpatica e sa prendersi in giro sul tempo che pur passa e soprattutto finisce: "Se vorrei farmi ibernare? Mi accontenterei di vivere fino a 103 anni. Poi c’è ’The Life’". Così Marina Abramovic, 77 anni, l’artista serba ospite di punta di Pesaro Capitale della Cultura 2024, protagonista ieri sera di un incontro a Villa Imperiale di Pesaro e poi di un talk a teatro Rossini.

Un incontro finalmente materiale, fisico, persino schietto, dopo quello virtuale e metafisico che in 4mila hanno già sperimentato al centro di arti visive Pescheria. E proprio da ’The Life’, l’opera in realtà mista che utilizza la tecnologia per interrogarsi sui concetti di presenza e assenza, di tempo e memoria, si è partiti, per raccontare gli esordi di un’opera iniziata come un esperimento non del tutto riuscito.

"Lavorando per più di 55 anni con il mio corpo – ha detto – avevo voglia di sperimentare un altro livello, ma la realtà virtuale non faceva per me. Poi Todd (Eckert, ceo di Tin Drum e regista di ’The Life’, ndr) mi ha chiesto di fare ‘arte mista’ e ho capito che poteva funzionare. E’ qualcosa di completamente diverso da un film: io ci sono anche se non ci sono, è possibile vedermi ma anche passarmi attraverso, sono come un fantasma. Lavorare con la realtà mista significa raggiungere una sorta di immortalità".

Ma è una condizione che si può raggiungere solo nel rapporto con il pubblico, rapporto che Todd Eckert ha definito "sacro". "Non volevamo qualcosa di piatto – ha detto –, ma uno scambio autentico di emozioni con il pubblico. Per questo l’accordo iniziale tra noi è stato: se l’opera non ci trasmette nulla, nessuno dovrà mai vederla. In realtà la risposta è stata immediata, da parte del pubblico, anche quello di Pesaro". E i numeri lo dimostrano, tanto che la mostra è stata prolungata fino a domenica.

E’ una presenza fisica e mentale quella di Marina Abramovic, che si concede al pubblico con grande schiettezza e simpatia, lontana dal cliché della sacerdotessa della performance, che pure la sua immensa carriera artistica le conferisce a buon diritto. Ma anche su questo non calca la mano, lei che è forse l’artista contemporaneo più celebre al mondo, al centro di una venerazione quasi religiosa. "Per fortuna il successo è arrivato molto tardi - dice - altrimenti forse sarei morta. Ho spinto il mio corpo fino ai suoi limiti fisici più estremi. Negli anni ‘70 ho fatto cose terribili. Poi sono diventata più responsabile". Non l’ha fatto rincorrendo il successo del pubblico: "Non è certo il desiderio di successo che muove un artista – ha detto –. Un artista è chi si sveglia e sente l’urgenza di creare, di realizzare delle idee. Una necessità che è come respirare. Non è un artista chi vuole esserlo. O sei un artista o non lo sei. Il 10% dipende dal tuo talento. Il 90% dal lavoro. Questo è difficile da far capire. Il consiglio che posso dare ai giovani artisti è: seguite le intuizioni, non le mode".

Infine Marina sembra volersi togliere un sassolino dalla scarpa. "Instagram e Tik Tok non sono arte. Né l’intelligenza artificiale potrà mai sostituirsi ad essa. Non la vedo come una minaccia – ha detto – E’ semplicemente un disastro. Bisogna guardare al futuro ma recuperando la semplicità del passato. Con questo non voglio dire che la tecnologia sia qualcosa di negativo: provo odio e amore nei suoi confronti, attrazione ma anche timore, ad esempio verso le dipendenze".