Fano (Pesaro e Urbino), 30 ottobre 2014 - E’ un messaggio di grande forza interiore e di empatia, di fiducia nelle istituzioni e di coraggio, ma soprattutto è un grande messaggio di amore per se stessi quello che emana Lucia Annibali. Quella esile donna nota per essere la “avvocatessa pesarese sfregiata con l’acido” non ha neppure bisogno di parlare per trasmettere i suoi contenuti: è essa stessa il contenuto dei suoi discorsi, è già di per sé la testimonianza di una capacità straordinaria di vivere il presente con la serenità di chi ha combattuto e vinto la battaglia con i propri errori del passato. La sua storia è quella di chi nel futuro porta un grande dono per tutti: l’esempio, l’unico vero strumento per educare i giovani. Oltre 250 persone (e tanti adulti seduti per terra) hanno affollato ieri sera la sala Verdi del Teatro della Fortuna per assistere al primo appuntamento della quarta edizione di “Con le parole giuste. Le parole della giustizia nella filosofia, nella letteratura, nella società”.
E’ stata la stessa Lucia Annibali a scegliere l’argomento del primo appuntamento del ciclo, organizzato dall’assessorato alle Biblioteche e alla Legalità Democratica con l’Associazione Nazionale Magistrati sezione Marche. Dopo il saluto del sindaco Seri uno studente del liceo Mamiani di Pesaro ha letto un commovente brano del libro “Io ci sono. La mia storia di «non» amore”, edito da Rizzoli (2014), scritto a quattro mani dalla Annibali insieme a Giusi Fasano. Un invito alla gentilezza. Al tavolo dei relatori il Colonnello dei carabinieri Giuseppe Donnarumma che si è occupato di risolvere il caso della violenta aggressione ai danni di quella donna nata a vita nuova in quell’aprile 2013 («propongo un applauso a marescialli e appuntati di questa città, uomini che senza risparmio di energie fisiche hanno creduto che lo Stato dovesse fare la propria parte») ma anche Lorena Mussoni giudice del tribunale di Pesaro: «E’ un piacere vedere che temi così particolari e delicati come questi suscitino l’interesse dei giovani».
A moderare il dibattito Anna Rita Ioni, delicata nel rivolgere domande che sono andate a scavare temi, pesanti come macigni sul cuore. «Ho scelto la parola “educazione” per una mail che mi ha scritto ragazzo di 17 anni ustionato — ha spiegato la Annibali —: mi diceva che l’ustione è un’educazione alla forza. Forza di sopportare il dolore fisico, forza di volontà nel coltivare la speranza nella guarigione e nella possibilità di avere vita dignitosa. Diventa un’educazione alla vita, ti dà un approccio nuovo con le persone che incontri. L’ustione può essere gioia, orgoglio, fierezza di esserci e riconquistarsi ogni giorno un pezzetto di corpo».