CLAUDIO SALVI
Cronaca

"L’Inno alla Gioia, per curare tempi difficili"

Il maestro Daniele Agiman presenta le due sinfonie di Beethoven (Seconda e Nona) che eseguirà martedì e l’11 marzo con l’Osr

"L’Inno alla Gioia, per curare tempi difficili"

Prosegue l’avventura della Sinfonica Rossini con l’integrale delle Sinfonie di Beethoven. L’esecuzione della prossima (la Seconda), è in programma al Teatro Rossini martedì, 5 marzo e l’11 marzo la Nona. Sul podio il maestro Daniele Agiman. Lo abbiamo intervistato.

Direttore, riprende dunque il viaggio con le Sinfonie di Beethoven...

"Sì, dopo la straordinaria partenza con il primo concerto seguito da quasi 400 spettatori, affrontiamo una settimana di vera full immersion beethoveniana con due concerti diversi ma ugualmente accattivanti; mia personale speranza è quella di ritrovare gli amici che hanno affollato il Rossini nel primo appuntamento ed averne tanti altri che abbiano la curiosità di affrontare un viaggio non solo estetico ma anche etico: quello attraverso la produzione sinfonica del genio di Bonn".

Parliamo di quella più vicina all’esecuzione: la Seconda

"La sinfonia meno eseguita eppure una delle più perfette per proporzioni e dettagli. Mi permetterò di ’presentarla’ prima dell’esecuzione dando un taglio nuovo e molto profondo circa il periodo della sua composizione. Il concerto è completato da pagine rossiniane eseguite da due straordinari interpreti: il soprano Maria Sardarjan e il baritono Paolo Ingrasciotta in un ideale incontro-scontro tra i due protagonisti del primo Ottocento, non solo musicale".

E poi, con un salto arriviamo alla sinfonia forse più nota al grande pubblico: la Nona

"Inutile presentare un capolavoro che è un caposaldo nella nostra cultura e nella memoria: sottolineo che ogni esecuzione della Nona é una sfida per gli interpreti ma anche per il pubblico. Questa esecuzione ha un significativo contenuto ’ideale’ e spettacolare: la presenza sul palco, oltre alla Osr al completo, degli amici del Coro S. Carlo di Pesaro e di una trentina di coristi provenienti dal Giappone, nonché di quattro solisti nipponici; ulteriore testimonianza del legame tra la Sinfonica Rossini e Giappone".

Quali le differenze stilistiche secondo lei?

"E qui c’è uno dei tanti misteri del genio di Beethoven. Pagine estremamente diverse e testimoni dell’immenso percorso effettuato dal compositore tuttavia accomunate da quella che solo in maniera un po’ mistica e difficilmente spiegabile possiamo definire la presenza di una personalità assolutamente fuori dall’ordinario e che segna ogni composizione beethoveniana rendendola unica e non confrontabile con le altre".

Si nota un’evoluzione tra le due sinfonie?

"Certo, sì, a partire dalle ‘dimensioni’: dai 30 minuti della Seconda ai 60 della Nona...e poi la dirompente presenza della parte vocale nel finale della Nona con coro e 4 solisti impegnati a ’chiudere’ il viaggio esperienziale ed etico intonando quell’Inno alla Gioia e alla Fratellanza che non a caso è diventato l’inno della Comunità Europea. Credo quantomai opportuno farlo risuonare a Pesaro, capitale della cultura, in tempi così difficili".

Come sta vivendo la Rossini questa sua esperienza con il compositore tedesco?

"Entusiasmo e impegno: in un anno in cui la programmazione è triplicata, il progetto dell’integrale sinfonica di Beethoven è al cuore del processo di crescita e maturazione in cui l’orchestra è impegnata; passaggio necessario nel momento del riconoscimento quale Istituzione Sinfonico concertistica dell’orchestra stessa da parte del Ministero".

E la prossima in programma?

"La Terza...Eroica...speriamo di avere uno spazio nella programmazione autunnale con qualche bella sorpresa diciamo ’ di contorno’".