Noi Donne odv denuncia una situazione ancora critica per l’applicazione del diritto all’aborto nelle Marche, nonostante il caso eccellente di Urbino. Tra i vari aspetti, l’associazione locale evidenzia come la normativa regionale per l’interruzione di gravidanza non abbia ancora recepito le indicazioni ministeriali sull’uso della pillola RU486, il depotenziamento dei consultori e l’alto tasso di medici obiettori.
"Urbino diventa un faro per l’aborto in Italia", questo il titolo comparso qualche giorno fa sul Resto del Carlino – scrive l’associazione –. Se da un lato Noi Donne odv è soddisfatta del risultato, dall’altro non dovrebbe essere questa la notizia da segnalare, cioè l’applicazione della normativa regionale in tema Ivg. La notizia “fa notizia“ perché Urbino diventa eccezionale grazie all’impareggiabile lavoro e alla professionalità del dottor Leone Condemi (direttore di Ginecologia e Ostetricia, ndr), ma anche perché si colloca in una realtà regionale, le Marche, dove l’accesso all’aborto, soprattutto quello farmacologico, è una corsa a ostacoli e dove l’applicazione della legge regionale (molto più restrittiva di quella nazionale) viene costantemente disattesa. Sottolineiamo ancora una volta che la nostra regione si rifiuta di recepire le linee di indirizzo del Ministero della Salute in merito alla RU486, che prevedono che la sua somministrazione (aborto farmacologico) avvenga entro 9 settimane dal concepimento e che possa essere praticata dai consultori senza bisogno di ricovero ospedaliero. La normativa regionale, invece, restringe la finestra a 7 settimane e solo in regime di ricovero ospedaliero. Si assiste dunque al paradosso di ostacolare e limitare il ricorso all’aborto farmacologico nonostante i risparmi economici e organizzativi che il sistema sanitario avrebbe.
La situazione complessa dei consultori era stata denunciata a fine 2024 anche dalla Cgil, suffragata dai rapporti della propria Area stato sociale e diritti, che parlavano di 66 sedi nelle Marche, per lo più nel centro-nord, di cui 25 aperte solo 1 o 2 giorni a settimana. Alto il tasso di obiettori rilevato dal sindacato, in alcuni casi anche il 100% degli operatori. A Urbino, però, solo uno su nove lo è.
"I consultori vengono progressivamente depotenziati, privati di risorse economiche e di personale per impedire di fatto l’utilizzo di strutture che nascono come presidi territoriali – incalza Noi Donne odv –. C’è poi l’altissimo numero di medici obiettori, che rende spesso impossibile l’accesso all’aborto sicuro. Se il diritto all’obiezione di coscienza viene tutelato, non si può dire altrettanto di quello all’aborto. A quanto pare ci sono diritti secondari, diritti a discrezione di chi decide di applicarli o meno. Ora, le tutele che Urbino garantisce alle donne quanto dureranno? Cosa succederà dopo che il dottor Condemi sarà andato in pensione? È importante mantenere alto il livello di attenzione, soprattutto da parte dell’opinione pubblica, affinché importanti diritti acquisiti vengano rispettati".
Nicola Petricca