ANTONELLA MARCHIONNI
Cronaca

Scandalo del latte adulterato, le autrici del video choc: "È tutto in mano a chi indaga"

Hanno dato avvio all’inchiesta ’Fattorie Marchigiane-Tre Valli. "Usciamo per la prima volta allo scoperto perché sappiamo di essere nel giusto. Documentata ogni cosa, dai prodotti mal conservati alla trappola per topi sulle caciotte"

Sonia e Francesca Gori, le due sorelle da cui è partita l’inchiesta su Fattorie Marchigiane. A destra, una foto scattata dalle due operaie

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Parlano Sonia e Francesca Gori, ex dipendenti dello stabilimento di Fattorie Marchigiane, azienda controllata del gruppo Tre Valli Cooperlat di Jesi, che per la prima volta raccontano a viso aperto la loro storia. Hanno presentato un esposto per stalking occupazionale e da una costola di quel procedimento, è nata l’inchiesta per frode in commercio e adulterazione del prodotto che vede il coinvolgimento di dieci indagati e la società Fattorie Marchigiane come persona giuridica. Il 22 aprile sono state sequestrate 90 tonnellate di latte e 110 tonnellate di prodotti lattiero caseari, insieme a circa 2,5 tonnellate di sostanze sofisticanti. A seguito dei risultati delle analisi è stato disposto, da parte dell’azienda, un richiamo di tre lotti di prodotti di mozzarelle per pizzeria. E dopo il cda di lunedì scorso il presidente di Fattorie Marchigiane Gianluigi Draghi si è dimesso e l’azienda ha deciso di sospendere la produzione.

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Pesaro, 10 maggio 2024 – La prima volta che hanno accettato di raccontare la loro vicenda al Carlino erano terrorizzate: "Prima di andare a letto chiudiamo a chiave anche le finestre della camera, abbiamo paura che qualcuno ci possa fare del male". Non volevano uscire allo scoperto per paura del giudizio della gente di un piccolo comune di poco più di 12.000 anime come quello di Colli al Metauro, in provincia di Pesaro e Urbino.

"Mettete solo le nostre iniziali". Ieri invece, con la sicurezza di chi ha la convinzione delle proprie ragioni, le due sorelle di Colli al Metauro ed ex dipendenti di Fattorie Marchigiane, Sonia e Francesca Gori, 46 e 49 anni, dal cui esposto per il reato di stalking sul posto di lavoro è scaturita la maxi-inchiesta che ha coinvolto la controllata del gruppo Tre valli Cooperlat, hanno deciso di svelarsi. Le dichiarazioni contenute nell’esposto hanno provocato un vero terremoto con l’inchiesta giudiziaria per frode in commercio e adulterazione del prodotto da cui sono scaturite le dimissioni del presidente Gianluigi Draghi e la decisione aziendale di sospendere la produzione nello stabilimento di via Cerbara.

Sonia e Francesca, come siete arrivate alla decisione di denunciare tutto?

"Trappole per topi sopra le caciotte, resi di mozzarelle riutilizzati per il nuovo impasto, interi blocchi di cagliata mal conservati, aperti, che toccavano terra. Prodotti raschiati dalla muffa, riconfezionati e messi di nuovo in commercio. Abbiamo più volte provato a contattare la sede principale di Jesi sia in maniera informale sia attraverso mail e messaggi ma non ci hanno mai voluto ricevere".

E il clima di lavoro com’era?

"A causa di queste nostre segnalazioni ci è stata fatta terra bruciata intorno facendoci capire chiaramente che dovevamo smetterla: all’inizio del 2023 i nostri contratti stagionali non sono stati rinnovati. Ci siamo rivolte all’avvocato Michele D’Accardi che ha cercato, via pec, di mettersi in contatto con l’azienda segnalando sia la condotta vessatoria sia le cattive condizioni igieniche. Neanche a lui hanno risposto e quindi a giugno scorso abbiamo presentato l’esposto".

Che prove avete?

"Abbiamo materiale in abbondanza, foto e video fatti con i nostri cellulari e che abbiamo consegnato agli inquirenti. Questi risalgono al periodo in cui abbiamo lavorato lì e cioè fino alla fine del 2022. Mio figlio ha continuato a lavorare in azienda fino al dicembre 2023, poi si è dimesso perché era stanco del clima che si era creato. Anche lui è stato ascoltato dal Nas e ha confermato le cattive condizioni igieniche e il clima vessatorio".

Eppure siete state accusate di malafede, ad esempio dall’ex sindaco di Colli al Metauro Stefano Aguzzi, ora assessore regionale al lavoro. Come rispondete?

"Nell’intervista rilasciata al Carlino ha detto che la nostra è una ripicca per il mancato rinnovo contrattuale ma se così fosse non avremmo anni di prove a sostegno di quello che diciamo. Non solo ci siamo sentite sole ma da un politico nel suo ruolo ci aspettavamo solidarietà. Come fa a difendere l a ditta senza avere prove, oltretutto alla luce dei sequestri effettuati dagli inquirenti?".

E ora, dopo aver raccontato tutto, come vi sentite, avete ancora paura di ripercussioni?

"Abbiamo la serenità di chi si sente dalla parte giusta. Siamo pronte a essere giudicate e infatti ci siamo messe a disposizione dell’autorità. Sonia ha consegnato volontariamente il proprio cellulare al consulente tecnico della Procura (dott. Gianfranco del Prete incaricato ieri di effettuare la copia forense dei cellulari sequestrati a nove dei dieci indagati ndr). La gente ci contatta in privato per complimentarsi per il nostro coraggio e questo ci dà forza".