REDAZIONE PESARO

“La stanza indaco“ di Miniucchi alla Festa del Cinema

Le Marche in bella vista nella sezione “Alice nella città“. La storia è ambientata in un reparto intensivo ospedaliero

La regista pesarese Marta Miniucchi, autrice del film “La stanza indaco“ che si presenta oggi a Roma

La regista pesarese Marta Miniucchi, autrice del film “La stanza indaco“ che si presenta oggi a Roma

di Claudio Salvi

Sarà presentato in anteprima a Roma in Alice nella città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma, la vetrina internazionale dedicata alle nuove generazioni. Il film La stanza indaco diretto da Marta Miniucchi. La regista pesarese, che nel corso del panel del cinema marchigiano al festival racconterà la sua esperienza di lavoro sul territorio in particolare per il documentario Benelli su Benelli, sostenuto da Marche Film Commission e vincitore a Venezia nel 2022 del premio Kinéo, anticiperà la proiezione del film prodotto da Paolo Rossi Pisu e Genoma films in collaborazione con Rai Cinema e in programma al Cinema Adriano per le 16,30.

Marta Miniucchi, di cosa parla questo suo ultimo film?

"E’ una sick-lit e racconta le vicende in parte realmente accadute nel reparto di terapia intensiva di un importante policlinico del Nord Italia (a Bologna ndr), e ruotano intorno a un incontro fra due giovani pazienti".

Chi sono i protagonisti?

"Nel cast figurano Samuele Teneggi, Desideria Cucchiara, Elena Di Cioccio, Stefano Fregni, Fabio Fulco e lo stesso produttore, Paolo Rossi Pisu".

A cosa si ispira il film?

"Il film che ho scritto insieme a Davide Cocchi si ispira liberamente all’omonimo libro di Costanza Savini e Gianfranco Di Nino e narra di un virtuoso reparto di terapia intensiva di un importante policlinico del nord Italia che viene messo in crisi dall’arrivo del nuovo direttore che ha una visione della gestione discordante dalla precedente".

In fondo quel che accade ad ogni ribaltone...

"Esattamente. Non si pensa mai ad ereditare ciò che c’è di buono e migliorarlo, quanto spazzare via quel che c’è stato prima semplicemente per orientamenti politici".

E nel film che succede?

"In questo particolare contesto due giovani pazienti si incontrano e si capiscono perché condividono esperienze che universalmente uniscono nel profondo: la malattia e la giovinezza".

Cosa evidenziate?

"Il complesso tema dell’umanizzazione delle cure che ruotano sempre intorno a un dilemma: è giusto cercare di rendere un luogo di sofferenza e cura, un luogo di vita vera, di vita il piu` possibile normale per il paziente? O è necessario concentrarsi sulle cure strettamente mediche per poter ottenere il massimo beneficio fisico per il paziente?".

Una storia che in fondo serve a raccontare anche la sanità.

"Certamente. Il mio film è un omaggio a uomini e donne che gravitano attorno a questo mondo e che combattono ogni giorno: medici, infermieri, pazienti, parenti, amici. Lottano tutti i giorni in trincea contro la malattia e, spesso, contro il pregiudizio".