
Federico Ubaldo della Rovere (1605-1623) vestito da cacciatore (dipinto a Palazzo Pitti)
di Giorgio NonniUna corte ricca di cultura, arte e bellezza, ma anche di intrighi, delitti e veleni: è quella di fine Cinquecento - inizi Seicento che vede nascere, vivere e morire misteriosamente il piccolo erede Federico Ubaldo della Rovere, protagonista dell’ultimo romanzo giallo storico di Giovanni Volponi, che verrà presentato venerdì alle ore 17,30 alla sala convegni di Palazzo Ducale, a ingresso libero.
Nel Giardino delle delizie di Boboli, uno dei più iconici luoghi di una Firenze che aveva già ereditato le testimonianze artistiche e intellettuali dell’età rinascimentale di impronta roveresca, avviene un incontro intergenerazionale, che dà origine alle trame affascinanti del secondo romanzo di Giovanni Volponi. Un escamotage letterario di consumata esperienza che la dice lunga su una scrittura che, mentre aderisce, si distanza dalla materia, per fornire una partitura distesa che presenta quadri di vita e scene di giornaliera esistenza in una struttura drammaturgica in cui le voci dei personaggi si alternano e scandiscono il tempo breve del quotidiano e il tempo lungo della vita. In una prosa limpida e calibrata, l’autore dà prova anche nella Corte dei veleni di saper abbattere i "pozzi murati" della memoria (per utilizzare una espressione quasimodiana) con l’intento di solidificare un passato dai contorni spesso controversi e di riportare in superficie il groviglio delle vicende personali e collettive.
Un periodo, quello che precede la Devoluzione, carico di presagi, spesso nefasti, che lascia dietro di sé uno sgradevole sentore di rovina. E quella corte gloriosa che la penna di Baldassar Castiglione aveva descritto come exemplum agli albori del XVI secolo, stava ora per svelare uno spettacolo malinconico ed insieme degradante, in cui il giovanissimo principino Federico Ubaldo, quasi piccolo Nerone, si atteggiava a capocomico di una piccola compagnia teatrale di seconda fila. La morte immatura e misteriosa aveva accresciuto un alone di mistero che ha sollecitato l’interesse di uno scrittore come Giovanni Volponi, che ha saputo confezionare per i lettori quello che si potrebbe identificare come uno pseudobiblion: un libro immaginario nato da un espediente letterario per arricchire un’ambientazione con dettagli verosimili, dare voce ai pensieri dei personaggi o creare intrecci in cui verità e finzione coesistono. E resta nella nostra memoria quel principino di movenze baroccesche, con la racchetta in mano, che riemerge dalle brume seicentesche per dar vita a una fiction fantastica dai vaghi sentori elisabettiani.