Dopo una carriera lunga quasi mezzo secolo va oggi in pensione il professor Ario Federici, colonna di Scienze motorie dell’Università di Urbino sin dalla sua nascita, nel 2001, e, prima ancora, dell’Istituto Superiore di Educazione Fisica. Quarantotto anni in cui ha risposto a una vera vocazione, cercando non solo di insegnare, ma di educare, sviluppando didattiche innovative che, allo sport, univano elementi di etica, pedagogia, sociologia ed ecologia.
"È stata una lunga cavalcata – racconta –. Quando frequentavo l’Itis non vedevo l’ora di finirlo per iscrivermi all’Isef: ho affrontato questo percorso con voglia di crescere. In quel periodo, tanti sceglievano di andare subito a insegnare al nord, ma io rimasi qui, pur tra molti sacrifici, come l’essere un docente precario".
Al diploma Isef, Federici ha aggiunto una laurea in Sociologia, una in Pedagogia e una specializzazione in Ecologia. In più, conta oltre 230 pubblicazioni e numerosi incarichi: tra i tanti, dal 2015 a ieri è stato delegato rettorale allo Sport universitario e presidente del Comitato per lo Sport universitario della Carlo Bo, oltre che presidente della laurea magistrale in Scienze dello sport dal 2009 al 2021. Quando ripercorre la propria carriera, però, non parla al singolare, ma dice "abbiamo", dato che molto del proprio lavoro l’ha condiviso con la moglie, Manuela Valentini, compagna di vita e collega.
"Siamo stati performanti e resilienti, perché abbiamo dovuto aspettare 26 anni per fare un concorso per entrare a Scienze Motorie – racconta –. Nel frattempo siamo andati avanti nella formazione e nelle pubblicazioni, che nascevano da una scelta didattico-pedagogica: insegnare a diverse fasce d’età. Questo laboratorio è stato per me la scuola, soprattutto la scuola media di Gallo. Lì abbiamo sviluppato anche un progetto sull’etica sportiva per superare la contingenza della fortissima immigrazione che riguardò Urbino 2, poi premiato a Parigi dal Comitato Internazionale Fair play dell’Unesco. Lo sport è un veicolo enorme per l’educazione di tutti e lo abbiamo visto in anni recenti seguendo un personaggio come Giuseppe Ottaviani".
Tra le ispirazioni del lavoro di Federici ci fu l’attività motoria in ambiente naturale: "Erano gli anni ‘70, non c’era coscienza ecologica, ma noi ne sostenemmo il grande valore educativo. Le sperimentazioni più belle le abbiamo fatte con la scuola, con uscite in cui svolgevamo attività ecosostenibili e interdisciplinari".
Importante è anche l’esperienza che va avanti dal 2002 nel carcere di Fossombrone, per portare l’educazione sportiva tra i detenuti: "Oltre un centinaio di studentesse e studenti vi hanno partecipato e non abbiamo smesso neanche durante il covid. Abbiamo compreso che l’università dovesse portare lì dentro un po’ di luce". Ora che la carriera da professore ordinario è conclusa, Federici fa un paragone tra l’Isef che trovò e le Scienze Motorie che lascia: "L’Isef fu subito tra i migliori d’Italia, ma con la riforma del 2001 si introdussero troppe materie teoriche, anche se è positivo che oggi si parli dell’esercizio fisico pure come tutela della salute. Tuttavia, penso che si debba tornare ad avere più corsi pratici, ben supportati dalla teoria". Infine, sulla soddisfazione più grande che gli abbia dato insegnare: "Ce l’ho quando ritrovo allievi, atleti o studenti con cui ho condiviso quasi 50 anni e, dagli sguardi o dagli abbracci, capisco che non si tratti solo di un amarcord, ma di aver contribuito a formare persone attraverso lo sport e i suoi valori. Mi auguro di poter dare ancora qualcosa nella didattica, la voglia c’è sempre. Anche se, a furia di parlare di attività motoria per anziani, mi sono accorto di avere pure io 70 anni".
Nicola Petricca