Una scossa politica che, a distanza di una settimana, ancora trema. Ovvero l’uscita volontaria di Giulia Volponi, numero due di “Urbino città ideale“, dal movimento di Lino Mechelli. Mario Rosati, capogruppo in Consiglio di “Viva Urbino“ prende la parola, ed è il primo a farlo dai banchi dell’opposizione. "In relazione agli articoli dei giorni scorsi sull’uscita di ulteriori rappresentanti dal movimento di Mechelli, sottolineo come tornino puntuali le stesse identiche motivazioni già riscontrate e denunciate in situazioni analoghe e riguardanti l’Amministrazione e il rapporto con Gambini: la mancanza di rapporti democratici di partecipazione, di condivisione, di confronto. Carenze che si sono manifestate in maniera concreta in diverse situazioni che hanno portato o all’abbandono da parte di coloro che si sono sentiti esclusi, o ad atti d’imperio di Gambini e accoliti con le dimissioni delle figure che hanno tentato di esprimere una propria capacità di autonomia e di pensiero, come assessori e vice-sindaco. Dunque, non è una novità né coglie di sorpresa che ulteriori altri esprimano malessere in relazioni a tali dinamiche che, come dichiarato più volte nel corso di questi anni con i colleghi di opposizione del Partito democratico, rappresentano modalità di gestione del potere per cui si vuole essere in pochi a comandare, pretendendo che tutti gli altri obbediscano stando zitti. In tale concezione dell’attività politica e amministrativa si esprime in maniera chiara anche il modo di intendere la relazione con le persone, che non rappresentano mai la cittadinanza e la comunità per la quale impegnarsi per il benessere comune, ma soltanto il corpo elettorale con cui rapportarsi strumentalmente per acquisirne il voto e gestire il potere che ne deriva. Lo stesso rapporto di forza, sterile e senza sbocchi è agito tra le forze politiche, e ciò non aiuta certamente a far crescere la partecipazione e la democrazia".
Rosati quindi si focalizza sui giovani oltre che sul resto della popolazione che, a suo parere, "non verrebbero capiti in quanto vorrebbero essere parte di un percorso. Non capiscono la forza e l’energia che deriverebbe da modalità di governo impostate sul dialogo e sulla disponibilità di confrontare idee diverse, di mettere in gioco una parte del proprio potere decisionale, di concedere una fiducia e una rappresentanza più ampia per agire un cambiamento vero e di contenuto, non solo di forma", conclude.
fra. pier.