Soddisfazione per come la vicenda si sia conclusa, ma anche rammarico per quanto sia durata, "tenendo in un limbo lungo sei anni tante perone, per imputazioni e reati che sapevano di non aver commesso".
Il primo a parlare dopo la chiusura del caso Urbino Servizi è Giorgio Cancellieri, uno dei tre presidenti che erano finiti di fronte al giudice per l’udienza preliminare, ma che sono stati assolti o prosciolti da ogni imputazione insieme ad altre 31 persone (resta in piedi unicamente il falso ideologico a carico dell’ex direttore Paride Sciamanna, che andrà a dibattimento, ma per uno solo dei 12 capi che erano a suo carico).
Cancellieri, presidente tra il 2018 e il 2020, era arrivato a indagine in corso: "Inizialmente non me la sentivo, avendo smesso di fare il sindaco da poco e vista l’inchiesta – spiega –. Tra l’altro, da sindaco avevo anche avuto due cause, una civile da cui uscii vittorioso, non avendo il giudice rilevato responsabilità a mio carico, e una penale archiviata in udienza preliminare. Temevo che nel proseguimento delle indagini sarebbe arrivato qualcosa anche a me e così fu". Le imputazioni a suo carico erano due: abuso d’ufficio, poi stralciata su richiesta del pm, e falso materiale, da cui è stato assolto.
"Il clima in azienda era allucinante – prosegue –. La Finanza veniva ogni 2-3 giorni, spesso quando non ero in sede, e mi contattava mentre ero ambulatorio (Cancellieri è medico, ndr). Tra dipendenti e amministratori c’erano amarezza, frustrazione e delusione perché eravamo consci dell’inconsistenza dei reati attribuiti. Mi colpì però la sofferenza di alcuni dipendenti che, sentendosi estranei ai fatti, vivevano male la vicenda. Perciò sentivo il bisogno di presentarmi in tribunale, anche e soprattutto per difenderli, e sono stato l’unico a farsi sentire verbalmente. Non è piacevole tornare a casa e sentire da un figlio "Babbo, cosa hai fatto? Ti ho visto nel giornale", per qualcosa che non hai compiuto. I danni che si possono causare in una vicenda del genere sono enormi, con implicazioni anche legate alla carriera. Io stesso ho rischiato di non essere candidato alle regionali dalla Lega perché indagato e fu proprio per candidarmi che lasciai la presidenza, non per scappare dall’indagine. Io conosco l’agone politico, ma persone normali, non abituate a queste vicende, vengono profondamente toccate da tali questioni, tramortite. Su questo, e su altro, in uno Stato civile bisogna riflettere. Non si può gestire questo settore in tale modo".
Felice per la chiusura della vicenda è anche Nicoletta Bonci, suo legale: "C’è soddisfazione per l’esito, una giusta conclusione, ma c’è sia un rammarico per la rilevante durata della cosa e per il fatto che abbia creato situazioni dal punto di vista umano non piacevoli per chi l’ha subita".
Nicola Petricca