Con una messa alle 11,30 in duomo si chiude stamane la celebrazione dei 78 anni del Collegio Zandonai e dell’opera di Padre Damiani. Francesco Bartolucci presidente dell’associazione San Terenzio e coinvolto nella gestione delle opere sociali della Casa di riposo, lei, che percezione ha di Padre Damiani?
"Vedo la sua opera come la prima nota di un canto d’amore, poi magari anche stonato, ma è certo che suoniamo sullo stesso spartito. Di fronte a un dramma di un tempo difficile seppe dare una soluzione senza avere una risposta pronta".
Intende anche che l’opera di Padre Damiani è stata anche divisiva?
"Non esistono i perfetti e puri al cento per cento. La sua fu una chiamata forte alla quale la città rispose per affrontare un grande problema umano".
Lei è giovane, Damiani è antico, come è arrivato a lui?
"Ne avevo solo una vaga idea poi ho lasciato da parte gli stereotipi esistenti su di lui venendo a conoscenza dei fatti raccontatimi da un suo allievo".
E che conclusione ne ha tratto? Conosco allievi che le avrebbero raccontato altro.
"Che la sua opera fu certamente divisiva, che della sua attività si possono discutere forse i metodi, comunque resta il fatto fondamentale che ha fatto del bene e questo è dato più importante".
Ritiene che la durezza delle divisioni politiche di quei tempi, parliamo dell’immediato dopoguerra con tutte le ferite ancora sanguinanti, abbiano contribuito al non unanime giudizio sulla sua figura?
"Ho già detto che non esistono puri al cento per cento. Ma quella sua opera realizzata in quel contesto difficile fu raccolta, donata alla città, col passare degli anni anni si è aperta a un percorso educativo della Nuova Scuola e dell’assistenza agli anziani attraverso la Casa di riposo. Non è una celebrazione, ma il riconoscimento della sua capacità di agire da uomo di fede".
f. b.