
Piero Paolucci dell’Osservatorio “Serpieri“ ha fatto una conferenza per illustrare la situazione "Il fatto più preoccupante è la mancanza di neve. Il 2024 è il primo anno da sempre senza fiocchi".
Dalla "meravigliosa idea avuta nel 1850 da padre Alessandro Serpieri" alle misurazioni odierne con strumenti sempre più precisi, l’attività dell’Osservatorio meteorologico “Serpieri“ di Urbino è quanto mai attuale e, grazie a un’ininterrotta serie storica di dati, rilevati per 175 anni in un ambiente quasi incontaminato, è oggi fondamentale per studiare i cambiamenti climatici. Lo ha spiegato venerdì Piero Paolucci, tecnico della struttura gestita dall’Università Carlo Bo, in un incontro organizzato dal Centro di educazione ambientale e dal Circolo Legambiente “Le Cesane“.
L’Osservatorio è oggi diretto dal professor Umberto Giostra e ne fa parte anche Michele Fabi, tecnico informatico che ha raccolto l’eredità del compianto Silvio Cecchini. Dopo aver ripercorso la storia della struttura, Paolucci ha offerto una lettura della serie storica di dati per tracciare un quadro (non promettente) della Urbino odierna: "Svolgo la mia attività da 35 anni, ma gli ultimi tre mi hanno sconvolto – dice –. Sono veramente devastanti, la temperatura è di 1,5 gradi superiore alla media degli ultimi 30 anni, che era già schizzata verso l’alto, e il 2024 sta facendo ancora peggio rispetto al 2023, l’anno più caldo mai registrato. Analizzando le temperature minime, si vede che il freddo è sparito: dal 2018 non siamo più scesi fino a -5 gradi, né abbiamo registrato giornate di ghiaccio".
Il dato più preoccupante è quello riguardante le precipitazioni nevose, assenti nel 2024: "È il primo anno di sempre in cui a Urbino non sia caduto neanche un fiocco di neve – prosegue Paolucci –. È anche molto più siccitoso rispetto allo scorso, che però ha avuto dati oltre la media". Nel 2018, il Serpieri di Urbino e il Valerio di Pesaro furono tra i sei osservatori italiani a ricevere un prestigioso riconoscimento dall’Organizzazione meteorologica mondiale e questo, per Paolucci, "un grande potenziale della provincia, da sfruttare. Per altro, le due serie mostrano dati paralleli, quindi è possibile, per il nostro territorio, avere un ruolo preminente nello studio del cambiamento climatico. Ma si può andare ancora più indietro, perché stanno emergendo documenti storici come le rilevazioni fatte del conte Giuseppe Mamiani tra il 1834 e il 1843, il registro di un tenente che lavorava a Rocca Costanza tra il 1766 e il 1787 o il diario dell’ultimo duca, Francesco Maria II della Rovere, che per 50 anni annotò le cose più disparate, tra cui il fatto che spesso, da settembre a maggio-giugno, sui monti ci fosse sempre la neve. Sono dati specifici che possono integrare quello che già sappiamo, per ricostruire la storia del clima della provincia".
Ora, in programma ci sono due pubblicazioni: "Innanzitutto, entro l’anno presenteremo la biografia di padre Serpieri – conclude Paolucci –. Poi nel 2025, a 175 anni dalla nascita dell’Osservatorio, vorremmo pubblicare una prima serie completa dei dati rilevati. Ci sono ancora alcuni buchi perché nel tempo sono stati smarriti alcuni registri, ma stiamo tentando di ricostruire tutto" .