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Greta Cristini, dall’Ucraina ad Israele: "In prima linea per raccontare la guerra"

L’analista di geopolitica, collaboratrice di Limes, si è spostata in uno degli scenari più caldi del mondo "L’obiettivo di tutti è annientare Hamas".

Greta Cristini, dall’Ucraina ad Israele: "In prima linea per raccontare la guerra"

Analista di geopolitica e reporter, collaboratrice di Limes, l’autorevole rivista italiana di geopolitica, dopo tre mesi e mezzo in Ucraina e dopo aver scritto un libro, “Geopolitica, capire il mondo in guerra“, edito Piemme, Greta Cristini è ripartita verso un nuovo scenario di guerra, sempre in prima linea per raccontare i fatti. Ogni giorno è ospite in trasmissioni Tv, podcast e radio per commentare la situazione tra Israele e Palestina e la sua presenza è ormai fissa, in video o come firma, a Rai News, Presa Diretta e svariate altre testate.

"Sono da alcuni giorni a Tel Aviv ma ho girato abbastanza, muovendomi parallela alla Striscia di Gaza, percorrendo l’autostrada che la costeggia, chiusa ai civili. Siamo stati al porto di Ashkelon, fino al kibbuz di Zikim, poi a sud in città evacuate e kibbuz, arrivando fino al confine con l’Egitto e a soli due chilometri dal valico di Rafia, altro punto focale di questa vicenda. Non abbiamo una vera e propria agenda, ogni giorno è differente, in base ad attualità e notizie ci muoviamo in posti e luoghi diversi, a differenza dell’Ucraina, Israele è un piccolo Stato e ci si muove agevolmente".

Già dalla partenza dall’Italia si capiva sarebbe stato un viaggio difficile: "Ho scelto un volo diretto Roma-Tel Aviv, perché una soluzione via terra sarebbe stata più complicata per superare i confini. I voli hanno ritardi ma sono comunque garantiti dalla compagnia di bandiera. All’imbarco sono stata interrogata per più di un’ora, con controlli molto tosti: ho dovuto spiegare che sono un avvocato a New York, che ho già lavorato in Ucraina e che sono una reporter. Tutto è stato verificato e sono stati sentiti anche i miei collegamenti in Israele, solo dopo mi hanno fatto partire. A Tel Aviv ero l’unica straniera in arrivo, ci sono molti israeliani che se ne vanno ma tanti anche che tornano, tra cui i riservisti".

L’impatto con Israele è stato subito intenso: "Per me è la prima volta in questo paese, i civili dicono che le città si stanno spopolando, difficilmente c’è gente in giro la sera. Gli israeliani sembrano abituati, nell’affrontare questa vicenda sia sentendo militari che civili colgo la convinzione che si sentano più forti, con consapevolezza e unione rispetto alla leadership di Netanyahu, non perché non sia divisivo come politico ma perché ora rappresenta il capo".

Cosa vuole la popolazione israeliana con cui ti confronti?

"L’obiettivo di tutti è annientare Hamas che ora è visto come una minaccia esistenziale per Israele, non più risolvibile con negoziati o trattati, deve essere annientato, una percezione di guerra precisa per un popolo che ritiene di essere dalla parte giusta".

Uno scenario diverso dall’Ucraina.

"Gli ucraini sapevano che sarebbe stata una terribile impresa andare contro la grande Russia, qui invece gli israeliani si sentono consapevoli di essere forti e sicuri di vincere. In Ucraina abbiamo visto un compattamento intorno al presidente che prima non era in cima alle classifiche di gradimento, in Israele invece la gente continua a protestare anche ora contro Nethnyahu, anche se si tratta di una minoranza. A Israele serve una strategia politica per il dopo intervento militare e, per ora, non c’è".