SOLIDEA VITALI ROSATI
Cronaca

"Gli utenti psichiatrici? Starebbero benissimo nella nostra dependance"

Stefano Lanna, presidente di Laudato Sii, propone l'ex seminario dei Comboniani come sede per il dipartimento di salute mentale di Muraglia. L'associazione opera nel sociale, offrendo aiuto a persone in difficoltà attraverso progetti di riscatto sociale.

"Gli utenti psichiatrici? Starebbero benissimo nella nostra dependance"

Stefano Lanna con, alle spalle, il corpo centrale dell’ex seminario dei Comboniani

L’ex seminario dei Comboniani, imponente edificio storico sulla collina sopra Muraglia, conta 4mila metri quadrati al coperto. Attorno ha una proprietà di venti ettari. Di lato al giardino terrazzato, a cui si accede passando in mezzo a due sculture leonine, c’è una dependance, ben messa, con affaccio sulla natura rigogliosa. "Il sindaco Andrea Biancani mi ha illustrato la situazione legata al temporaneo trasferimento del dipartimento di salute mentale di Muraglia, per via dei lavori per il nuovo ospedale. All’Ast proporrei questa dependance quale residenza o centro diurno".

A parlare è Stefano Lanna, presidente dell’associazione Laudato Sii che ha preso in affitto dai Comboniani l’ex seminario. Lanna non era a conoscenza della manifestazione d’interesse dell’Ast. "Come dubito lo fossero i padri comboniani che mi hanno preceduto, vista l’età avanzata: uno aveva 89 anni e l’altro 95 anni".

Secondo lei i servizi del dipartimento di salute mentale si conciliano con quanto si svolge nella vostra sede?

"Sì, potrebbe, ma il giudizio spetta all’Ast. Noi vogliamo creare un contesto di promozione della persona, senza lucro. Abbiamo in mente di avviare diverse attività e sinergie per creare un equilibrio in base anche ai bisogni manifestati".

Come opera Laudato sii?

"Laudato sìì è una casa famiglia. Io e mia moglie Sara stiamo facendo un percorso di fede da terziari francescani. A Pesaro abbiamo inaugurato il 26 maggio. Aiutiamo persone in difficoltà a riscattare la propria autonomia. Per questo ospiteremo una scuola di formazione professionale rivolta ai mestieri nei settori alberghiero e agrario".

Ad oggi chi ha bussato alla vostra porta?

"Abbiamo aiutato una madre e una figlia dell’entroterra urbinate che per difficoltà economiche legate al Covid erano finite ad abitare dentro un garage, anche se la madre ha sempre lavorato. La figlia si sta laureando in giurisprudenza. Sono state da noi, gratis, per tre mesi, poi si sono trasferite in Ancona. Faremo qui la festa di laurea".

Bella storia. Chi altro?

"Un giovane con problemi di alcol. Ma attenzione non facciamo assistenzialismo".

Come si regge l’economia della vostra associazione?

"Abbiamo avviato due imprese sociali a Cesenatico. Sono due alberghi condotti con personale per cui si sono fatti progetti di riscatto sociale da situazioni di fragilità ed emarginazione".

Come è iniziato il suo percorso?

"Io stesso a 13 anni venni accolto in una casa famiglia da don Beppe Gobbi, fondatore, a Calvene, della Casa Divisione Julia. Ho frequentando anche la comunità dossettiana di Montetauro. Un giorno mi ha chiamato don Beppe perché don Marco Bozza, cappellano del carcere di Vicenza, voleva raccontare la mia storia nella sua rubrica su Rai Uno dal titolo ’Le cause mai perse’ anche per la mia idea di fondare una casa famiglia".

Come è finita?

"Che grazie a don Marco e don Beppe mi sono ritrovato a parlare del nostro percorso di fede davanti a Papa Francesco. Da Roma ho avuto indicazioni riguardo l’ex seminario dei Comboniani per radicare la casa famiglia".