REDAZIONE PESARO

Gli abiti dei della Rovere a Firenze ma ad Urbino ancora non tornano

Prestati per tre mesi a Piobbico nel 2014, non sono si sono più rivisti. Appelli per riaverli indietro

Gli abiti dei della Rovere a Firenze ma ad Urbino ancora non tornano

di Giovanni Volponi

Gli abiti funebri dei duchi della Rovere non riescono proprio a tornare a Urbino e a trovare la pace che meritano. Dopo ben dieci anni di permanenza a Piobbico, ora un vestito è esposto a Firenze, a Palazzo Pitti, in una colossale mostra dedicata alla duchessa Eleonora da Toledo, facendo bella mostra di sé in una cornice adeguata.

Ma quando il 14 maggio la mostra chiuderà, l’abito tornerà assieme agli altri due in una stanza anonima del castello di Piobbico, con cui non hanno nulla a che fare? E per quanti altri anni ancora? Gli urbinati si chiedono da tempo il perché di questo soggiorno piobbichese senza un’apparente data di fine. Ma torniamo indietro e proviamo a fare un po’ di luce su questi preziosi vestiti. Gli abiti sono tre, per l’esattezza del duca Francesco Maria I, del figlio cardinale Giulio e della duchessa Giulia da Varano, moglie di Guidobaldo II. Giacevano a ricoprire le spoglie mortali dei tre nobili dal giorno della loro morte, avvenuta rispettivamente nel 1538, 1578 e 1547, nella camera sepolcrale situata sotto il pavimento della chiesa di Santa Chiara, annessa al monastero urbinate fondato da Federico da Montefeltro. Nel 1999 le tre salme furono riesumate ed è quello il momento in cui i tre abiti furono separati dalle ossa per sempre. Se le salme, dopo una permanenza di alcuni anni per analisi presso i laboratori dell’università di Pisa, sono tornate nella cripta, i vestiti hanno preso una strada differente. Restaurati subito dopo a cura della soprintendenza, nel 2004 sono stati per la prima volta studiati e pubblicati in occasione della grande mostra sui Della Rovere curata da Paolo dal Poggetto e dislocata in quattro sedi (Urbino, Pesaro, Senigallia e Urbania).

Sono stati poi esposti per diverso tempo nella chiesa da dove erano usciti, ovvero santa Chiara, all’interno di tre teche. Poi, nel 2013, per un accordo tra l’allora soprintendenza e il comune di Piobbico, la partenza alla volta di castello Brancaleoni, per una mostra che sarebbe dovuta durare poco più di tre mesi, concludendosi a marzo 2014. L’esposizione aveva l’intento di promuovere turisticamente il maniero, con dei manufatti interessanti per i visitatori, per un periodo limitato; riesce difficile dunque comprendere la ragione di una permanenza che si sta protraendo da quasi un decennio, spiegabile solo con un disinteresse generale da parte dei funzionari del ministero preposti che si sono succeduti nel corso degli anni. Le uniche certezze sono che il castello Brancaleoni non è un luogo legato a quei vestiti e ai loro possessori, non essendo stato di proprietà roveresca e sicuramente gli abiti non sono valorizzati come potrebbero esserlo a Urbino, sia per il contesto in cui potrebbero venire collocati (che sia la chiesa di santa Chiara o palazzo ducale o un altro luogo legato ai duchi), sia per il numero di fruitori che potrebbero ammirarli.