Era il 18 maggio quando una frana si è staccata dalla collina sopra il Museo della Stampa, in località Miniera di Urbino.
I danni sono stati ingenti: metricubi e metricubi di terra sono ancora lì, in attesa di essere rimossi, ma soprattutto torchi, stampatrici e materiale del museo sono stati invasi dal fango che ha riempito il pavimento di un deposito del museo, sporcando tutto e lasciando zolle di fango secco a ricoprire gli ambienti.
A raccontare per la prima volta, dopo oltre due mesi, la tragica situazione è Michele Piersantini, la cui famiglia è proprietaria del grande complesso comprendente l’ex miniera di zolfo e gli attuali Museo della Stampa, ristorante e agriturismo. "Siamo davvero col morale a terra – ci spiega – perché essendo fin da subito rientrati tra i comuni alluvionati, speravamo che presto avremmo potuto accedere agli aiuti.
E invece, nonostante il Decreto Alluvioni preveda fondi per ‘avviare gli interventi di tutela e ricostruzione del patrimonio culturale, pubblico e privato, inclusi i musei’, la pratica di richiesta fondi non si può nemmeno avviare".
Il motivo, apparentemente banale, è che gli organi competenti non hanno creato alcun modulo o scheda da compilare con cui inoltrare la domanda di aiuto economico. Che poi, ovviamente, non è scontato che venga assegnato. Ma al momento, i privati non possono nemmeno provarci.
"Per questo – prosegue Piersantini – ho scritto al sindaco Gambini, affinché si faccia portavoce della nostra richiesta d’aiuto. La frana ha inondato di fango e acqua molte nostre macchine tipografiche, che ora sono ricoperte di fango secco.
I lavori da fare quindi sarebbero la pulizia di tutte le attrezzature infangate, il loro trasloco in un altro locale sicuro, la bonifica dei magazzini infangati, la rimozione di tutta la terra franata e un consolidamento della collina, perché sinceramente temiamo che la situazione possa ripetersi e siamo preoccupati per tutte le altre strutture che fanno parte del nostro complesso".
La ‘Corte della Miniera’, che sorge appunto dove fino a un secolo fa vi era una miniera di zolfo, è composta di vari edifici a forte vocazione turistica: è diventata negli ultimi decenni, grazie alla famiglia Piersantini che l’ha acquistata togliendola dall’abbandono, un sito di interesse per decine di scolaresche durante l’anno, nonché per campi estivi, singoli turisti e clienti del ristorante.
"Dopo i tremendi anni della pandemia – dice ancora Piersantini – dall’anno scorso ci stavamo riprendendo e al momento sia il Museo che l’agriturismo funzionano a pieno ritmo.
Pur essendo privati, di fatto rivestono un interesse per la collettività. In più, facciamo parte del Parco Nazionale dello Zolfo di Marche e Romagna, grazie alle vestigia della ex miniera, sempre più attrattive per nuove modalità di turismo.
Abbiamo stimato che per risolvere tutti i nostri problemi e riparare i danni servirebbero circa 250mila euro, tra recupero delle macchine, bonifica della frana e consolidamento del versante con barriere non impattanti.
Pensiamo anche di piantare nuovi alberi ad alto fusto e lunghe radici che abbiano un’azione preventiva. Ma vorremmo che almeno ci venisse data la possibilità di accedere ai finanziamenti, come il decreto prevede".
Giovanni Volponi