Pesaro, 15 settembre 2018 - Filippo Magnini ha parlato di «inchiesta vergognosa e farsesca» ai suoi danni. Eppure la procura antidoping, che nel luglio scorso ha chiesto 8 anni di squalifica per lui e 4 per l’altro nuotatore azzurro Michele Santucci perché accusati di aver tentato o consumato oltre ad aver tentato o somministrato prodotti dopanti per alterare le gare, si è basata sulle telefonate che Magnini ha avuto tra il 2015 e il 2016, prima delle Olimpiadi di Rio, col suo nutrizionista Guido Porcellini (entrambi avevano i telefoni sotto controllo da parte della procura di Pesaro e ora il solo medico e un complice sono sotto processo per traffico di prodotti proibiti, con Porcellini squalificato a vita dall’antidoping).
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Tra le telefonate, colpisce quella del 21 aprile 2016, quando Magnini implora Guido Porcellini di fare qualcosa: «...io Guido non ne ho più, sono sfinito, sono sfibrato, non è che posso fare...». E ancora: «...sono proprio giù, giù, sono stanco mentalmente e fisicamente, stressato», «...hai voglia di aiutarmi? perché ho proprio bisogno di stare con te un attimo, nel senso...». E Porcellini che risponde «niente di particolare, ti tratto da tossico come ho fatto con me. È l’ultimo anno, ci proviamo a far tutto, l’importante è finire bene».
PER MAGNINI queste parole del suo nutrizionista sembravano essere tonificanti, tanto che l’atleta dice al medico: «Domani ci vediamo, porta quello che devi» e il medico risponde che arriverà col prodotto «...senza custodia perché l’ho dovuta smontare e rimontare tre volte quindi è... anonima, potrebbe esserci anche un film porno».
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Per la procura antidoping queste conversazioni non provano la somministrazione di prodotti dopanti, ma testimoniano la dipendenza di Magnini verso il dottor Porcellini e i suoi prodotti. Magnini nell’aprile 2016 è a terra. In una telefonata del 24 aprile dice a Porcellini: «...non ho nessun obiettivo, non ho manco preparato la gara, io dovevo fare bene i cento, li ho cannati tre volte di fila, non ho nessun scopo, ogni volta che mi butto in acqua ho il braccio che mi fa male, le gambe corte, non so, ma se iniziamo gli esercizi sicuramente poi potenzio».
Porcellini gli risponde che gli darà gli esercizi e «...se li usi bene, funzionano», aggiungendo: «Oh dai, l’ultimo anno, ci proviamo a fare tutto». E che i tentativi per riuscire al meglio nelle gare fossero febbrili in quell’aprile e maggio 2016 lo testimoniano le conversazioni di Magnini col suo compagno di nazionale Michele Santucci. Per gli inquirenti c’è un linguaggio in codice tra i due: «le sedute per le spalle» significherebbero somministrazione o tentativo di farlo di prodotti proibiti.
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È così che Magnini gli si rivolge: «..ti dico che gli esercizi che sono stati fatti, sono perfetti. Cioè sono proprio quelli giusti. Sono diciamo... introvabili». Per la procura antidoping l’oggetto della conversazione sono dei prodotti vietati. Magnini continua: «Sì, sì, sì, introvabili. Nel senso che sono esercizi che ha detto... il solito discorso, ha detto mezz’ora, quaranta minuti, trovi subito, cioè nelle spalle, tutto, va tutto bene, poi non...non c’è più niente».
Che cosa non dovrebbe esserci più? «Non...non...non c’è niente di...di quelle cose che ti segnalano, no? Loro dicono soltanto che bisognerebbe fare comunque una prova degli esercizi su di noi». «Guido non dice cazzate. Lunedì fanno il marker, esiste il fatto che il corpo reagisce in una determinata maniera (...), però è una cosa molto rara, è una cosa introvabile». Parole che per la procura di Pesaro non hanno provato una responsabilità penale, ma per la procura antidoping sì, eccome.
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