Pesaro, 7 giugno 2018 - Al telefono, la voce è calma e gentile. «Tra poco faccio un comunicato ufficiale». Ma dentro la rabbia monta. Qualche minuto dopo arriva lo sfogo: «È un’evidente ingiustizia», «Un’indagine vergognosa». Filippo Magnini risponde ai colpi della Procura antidoping di Roma che ha appena chiesto 8 anni di squalifica per il due volte campione del mondo (fresco di ritiro dalle vasche). Richiesta choc su cui decideranno, a settembre, i giudici sportivi della prima sezione del tribunale di Nado Italia (l’antidoping italiana). Sono salite a tre le violazioni del codice Wada contestate al nuotatore pesarese. Alle due iniziali, consumo o tentato consumo di sostanze dopanti e favoreggiamento, è stata aggiunta quella della somministrazione o tentata somministrazione di sostanza vietata.
L’inchiesta della giustizia sportiva nasce dalle carte della Procura di Pesaro sull’indagine per doping sul nutrizionista di Magnini, Guido Porcellini e il suo collaboratore Antonio De Grandis, i quali sono già a processo. Indagine che per due anni, dal 2015 al 2017, ha messo nel mirino re Magno, il collega di vasca Michele Santucci (anche lui nei guai con l’antidoping. chiesti 4 anni di squalifica), Porcellini e De Grandis, con pedinamenti e intercettazioni. Alla fine, però, i pm pesaresi hanno escluso dalla lista Magnini, definendolo solo il «destinatario dei prodotti dopanti». «Non c’è mai stata la prova che Magnini abbia ricevuto e assunto quelle sostanze – ha ribadito ieri il procuratore capo Cristina Tedeschini – Per noi la questione Magnini non esiste. Non so cosa intenda la procura sportiva con questa terza accusa di somministrazione. Non so come siano arrivati a questa decisione, se hanno solo le nostre carte o altro. O anche, cosa intendano loro con somministrazione. Abbiamo canali diversi, step probatori diversi. Se poi dovessero ritenere di interessare la nostra Procura sui loro elementi, noi leggeremo quello che eventualmente ci manderanno».
Per Porcellini e De Grandis la Nado chiederà il divieto di iscrizione alle federazioni sportive. «Dopo tutta la collaborazione prestata nelle indagini in questi 8 mesi di strazio per me, leggo – continua Magnini - il mio nome ancora accostato alla parola doping nonostante, ripeto, la Procura di Pesaro mi abbia già dichiarato estraneo ai fatti. Dopo 8 mesi di silenzio, oggi, la mia anima ribolle perché questa indagine è vergognosa e perché la conclusione, che la Procura antidoping ha fatto propria su fatti che ho circostanziatamente smentito e ri-smentito, è l’essenza dell’ingiustizia più evidente».
Due gli interrogatori affrontati dal pesarese davanti alla giustizia sportiva, il 30 ottobre 2017 e l’11 aprile scorso. «Al momento opportuno, porterò alla luce le gravi manomissioni e il tentativo di muovere a mio carico accuse prive di fondamento che hanno caratterizzato questa indagine-farsa a mio danno. Ora posso tornare sereno nel mio silenzio ‘giudiziario’, ma soprattutto posso continuare orgogliosamente e coraggiosamente, come continuerò anche a dispetto di chi vorrebbe farmi tacere, ad alzare la mia voce e il mio ventennale esempio agonistico contro il doping. Ora parlo io».