Pesaro, 26 novembre 2024 – Sono quelli che aiutano ’a casa loro’. Ma in senso letterale e diametralmente opposto a certi slogan politici. I Coltro, infatti, proprio a casa loro, a Villa Fastiggi, hanno accolto un ragazzo nigerino di 21 anni, sbarcato a Lampedusa quando ne aveva 17. Lui si chiama Moussa, viene da un villaggio in Niger che non si trova su Google maps. Là, c’è rimasto solo un fratello. Come a Hiroshima non si parla della bomba, Moussa non parla di ciò da cui è fuggito. Ma era poco più di un ragazzo quando scelse di partire. Così, mentre il dibattito nazionale sull’immigrazione si avvita sul carosello ’da e per’ l’Albania, Moussa, a Villa Fastiggi, ha trovato il suo posto nel mondo. Dove Marco Coltro e Federica Bossi, lui responsabile marketing di un’azienda, lei medico del 118, l’hanno accolto come un terzo figlio, accanto a Tommaso ed Emma, di 9 e 7 anni.
“Moussa vive con noi da un anno – raccontano –. Abbiamo fatto questa scelta perché volevamo fare l’esperienza di una famiglia aperta all’accoglienza: è sempre stato un nostro desiderio, prima ancora di avere figli”. L’opportunità l’ha offerta l’associazione Refugees Welcome Italia, che proprio a Pesaro, nei giorni scorsi, ha tenuto il suo congresso nazionale, a Palazzo Antaldi. “Ci siamo iscritti sul sito dell’associazione come famiglia ospitante e siamo stati contattati per un primo colloquio in base al quale procedere all’abbinamento. Poi il percorso è diventato via via più concreto”. Refugees si occupa di ragazzi maggiorenni che cercano ospitalità, hanno già lo status di rifugiato e sono in possesso di tutti i documenti. “Si tratta soprattutto di ragazzi perché le ragazze hanno un sistema di protezione diverso e, soprattutto, quelle che si mettono in viaggio da sole sono pochissime”.
La convivenza è iniziata l’11 novembre 2023: “Lui era arrivato tre anni prima – raccontano i Coltro –, era stato accolto in un centro di prima accoglienza a Cartoceto, poi in un Sai, un centro di accoglienza di secondo livello, prima a Belgatto e poi a Pesaro con la Labirinto, doveva aveva il progetto di completare la terza media e fare l’avviamento professionale. Concluso questo percorso ha trovato lavoro ed è stato ’rilasciato in società’. Si è messo a cercare un affitto, senza riuscirci”.
Poi, l’incontro con Refugees e l’abbinamento con la famiglia Coltro al completo. “L’incontro con i nostri bambini è stato bellissimo: chiaramente la decisione l’avevamo presa coinvolgendoli. Avevamo detto loro che ci sarebbe piaciuto accogliere un ragazzo dell’Africa. Emma è stata subito contenta, mentre Tommaso aveva dei gran dubbi. Finché non ha conosciuto un’amichetta di origine africana e ha fatto lo ’switch’. Ora si considerano fratelli a tutti gli effetti, così come noi consideriamo lui un figlio. E anche lui ci chiama ’mamma e baba’, cioè babbo in nigerino. Ci ha accolto nella sua vita, ed ha veramente portato una gioia infinita: quello che viviamo è un privilegio enorme, non è buonismo né fortuna”.
Ma Moussa ha portato anche una consapevolezza più profonda di quanto accade nel mondo: “Pian piano ci racconta frammenti della sua storia, del suo vissuto, di cui non parla volentieri nemmeno con gli amici che in qualche modo l’hanno condiviso. E’ come se si guardassero negli occhi e senza parlare si dicessero ’lo so’”. Cuori di tenebra, che hanno trovato il calore del sole: “Moussa è un ragazzo mite, tranquillo e pacifico. Con noi, con gli amici, al lavoro. Si occupa dei suoi fratelli, li accompagna dappertutto, li va a prendere, ci aiuta molto ed io mi fido completamente”. Una fiducia che agli occhi estranei può apparire sospetta: “Sicuramente ci considerano una famiglia un po’ strana – sorride Federica –. Quando ho raccontato al lavoro quello che volevo fare c’è chi mi ha dato della matta. Sull’autobus una signora ha chiesto a Moussa quale legame avesse con i bambini... Diciamo che intorno a noi un po’ di diffidenza c’era, ma solo all’inizio. Ora tutti conoscono Moussa e gli vogliono bene”.
Quanto all’accostarsi a una cultura diversa “la cosa importante – dicono – è che l’associazione ci ha fatto un tutoraggio fondamentale: il percorso è serio, e sarebbe bello se qualcun altro intraprendesse. Ci sono centinaia di ragazzi. A Pesaro al momento noi siamo la terza famiglia ospitante, ma sta per aggiungersene una quarta. Difficoltà? Forse a livello di abitudini: Moussa è un musulmano praticante che frequenta la moschea con costanza. Non posso cucinare ogni tipo di carne, devo fare la spesa in certi negozi, non posso sfumare con il vino il risotto o le scaloppine... Tutto superabile insomma”.