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Fabio, l’ultimo sonno per non soffrire più "Ignorato da Stato e Asur, scelgo la sedazione"

Il 46enne di Fermignano è stanco di patire, sarà addormentato fino alla fine: "Anche se questo prolunga lo strazio di chi mi vuole bene"

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di Alessandro Mazzanti

Non ce la fa più Fabio Ridolfi a soffrire ancora, aspettando che la burocrazia gli dia quello che lui chiedeva con un clamoroso appello pubblico fatto il 17 maggio scorso: morire. Troppo difficile: per arrivare al suicidio assistito – cioè lui che si autosomministra un farmaco, aiutato da un medico – l’Asur Marche avrebbe dovuto dargli le indicazioni che non gli ha dato: uno, quale farmaco scegliere, due con quali modalità usarlo. Il parere del Comitato etico c’era (emerso con 40 giorni di ritardo), tutto il resto no. Fabio allora il 27 maggio diffida l’Asur per avere quelle due risposte, ma l’Asur Marche non gliele dà. Da qui la decisione scritta ieri, grazie ai suoi occhi che scrivono sempre con il puntatore elettrico sul display montato sul letto che lo trattiene da 18 anni: "Da due mesi la mia sofferenza è stata riconosciuta come insopportabile. Ho tutte le condizioni per essere aiutato a morire. Ma lo Stato mi ignora. A questo punto scelgo la sedazione profonda e continua anche se prolunga lo strazio per chi mi vuole bene".

Appunto, "lo strazio di chi mi vuole bene". Perchè la differenza tra il suicidio assistito e la sedazione profonda è questa: il primo è una ’procedura’ che provoca morte (indolore, si passa dal sonno alla morte) in tempi brevi, si parla di minuti.

La sedazione profonda significa invece che Fabio dà, come farà a breve e come la legge gli permette di fare, il consenso alla interruzione ai trattamenti di sostegno vitale, insomma il cibo e i liquidi che in questo momento assume e lo tengono in vita. A quel punto si procede alla sedazione, che lo porterà dal sonno alla morte: ma in questo caso i tempi sono più lunghi – forse giorni – in cui lui non sarà cosciente, ma i famigliari è come se fossero costretti a vivere la sua (anche se non dolorosa) agonia. Per questo Fabio parla di "strazio per chi mi vuole bene".

Ma l’associazione Coscioni, che lo sta seguendo dall’inizio della sua battaglia, attacca frontalmente l’Asur accusandola di ritardi "inqualificabili". Dice Filomena Gallo, la legale dell’associazione: "Mi chiedo se chi comanda in Asur Marche ha mai provato a chiudere gli occhi e immaginarsi di stare al posto di Fabio. Da sei mesi, da gennaio, Fabio aspetta una risposta".

Prima il sì del Comitato etico che era pronto ma spunta da un cassetto dopo 40 giorni. Solo che in quel parere manca appunto l’indicazione del farmaco e le modalità per il suicidio assistito. Da qui, il 27 maggio, la diffida all’Asur, per farsi dare quelle indicazioni. Ma l’Asur non risponde. "Per questo – continua ancora Gallo – Fabio ha dovuto scegliere questo ’ripiego’ che gli causa ulteriore dolore. Quanto starà in sedazione? Ore? Giorni? Non si sa. Per questo si sta organizzando, per parlare con un medico palliativista che dovrà procedere a questa procedura". Ma il legale ce l’ha anche con la legge nazionale, "il ministro della Sanità ha detto: la sentenza 242 (conosciuta come Cappatodj Fabo, quella che ha legalizzato il suicidio assistito) va applicata, ma la legge è ferma in Senato, chissà per quanto ancora, dopo che che la Corte costituzionale ha impedito al popolo di esprimersi sul referendum”".

Questi sono i termini della questione. I famigliari di Fabio – il fratello Andrea, la madre, il padre – si sono sempre limitati a dire che quello che vuole Fabio diventa automaticamente il loro volere. Erano favorevoli al suicidio assistito, sono quindi favorevoli alla sedazione profonda. Anche se nessuno di loro ieri ha voluto esprimersi.

Fabio ha le palpebre che sbattono su quella tastiera: "Pausa", "Parlare", e poi la voce metallica che ripete quello che lui ha scritto. Ma pare una voce quasi affettuosa, al confronto del disinteresse di un sistema che lo sta condannando a soffrire ancora.