NANDO
Cronaca

Elisabetta Feltria, donna di potere

Gli intrecci politici attorno alla figlia di Federico da Montefeltro raccontati nel romanzo di Tiziano Mancini

Elisabetta Feltria, donna di potere

Cecini

Un rigoroso filologo, Pio Rajna, piaceva tanto a Eugenio Montale che gli dedicò perfino una poesia: scriveva che le Signore dei Ducati erano le vere perle del Rinascimento. D’obbligo vi entrano le Signore del Ducato di Urbino, Montefeltro, Sforza e Della Rovere per almeno quattro secoli. I loro nomi figurano nei volumi storici della Lokalgheschte, cito a memoria il Baldi, il Reposati, le Antichità Picene, l’Ugolini e tutta la bibliografia storiografica moderna dedicata a Federico da Montefeltro, agli Sforza e ai Della Rovere, con mostre e monografie.

Tra tutte le Duchesse che sono passate da Urbino a Pesaro la più studiata resta Elisabetta Gonzaga, moglie di Guidubaldo da Montefeltro, a partire da quel capolavoro a due mani degli illustri studiosi Alessandro Luzi e Rodolfo Renier, titolato: Mantova e Urbino. Isabella d’Este e Elisabetta Gonzaga nelle relazioni familiari e nelle vicende politiche (Torino-Roma 1893). Il volume è diventato il palinsesto di tutte le monografie successive per i documenti inediti trattati dall’Archivio Gonzaga di Mantova e ivi pubblicati con, tra l’altro, un preciso e raro riferimento a Elisabetta da Montefeltro. Nel capitolo sulla descrizione delle nozze tra Guidubaldo da Montefeltro ed Elisabetta Gonzaga avvenute il giorno 11 febbraio 1488, una nota illustrativa riporta questa notizia: "otto si legge essere state le figliuole di Federico e Battista Sforza, quindi sorelle a Guidubaldo, ma di alcune tra esse (seppur esistettero) non si sanno neppure i nomi. All’ora, come si rileva dall’elenco dei convitati maggiori al banchetto ve n’erano in ultimo soltanto tre, cioè Isabella, vedova di Roberto Malatesta...".

Le altre due erano Costanza, principessa di Salerno e Agnesina ancora nubile. Nella dettagliata descrizione delle nozze, Elisabetta risulta essere allogata nel tavolo d’onore degli sposi con la dicitura "Ill. M. da Rimino" accanto alla sorella Agnesina, all’ambasciatore del Papa, a Galeazzo Sforza signore di Pesaro. I nomi delle figlie di Federico e Battista sono stati trovati da Gino Franceschini e pubblicati in un saggio: Figure del Rinascimento Urbinate (Urbino, 1959). La primogenita era proprio Elisabetta. Il suo nome lo aveva voluto lo stesso Federico per ricordare la sua mamma illegittima, Elisabetta Commanducci, giovane nobildonna di Gubbio, definita in un documento "nobil donna soluta".

Dalla scarsità delle testimonianze documentarie, a farci conoscere la Duchessa Elisabetta è il recente volume di Tiziano Mancini, Dalla Corte al Chiostro, vita romanzata di Elisabetta Feltria, con illustrazioni di Francesca Urbinati e Daniele Garbugli (Ed. Leardini, Macerata Feltria 2023), presentato dal senatore Giorgio Londei, presidente di “Urbino Capoluogo“ e dal Cavaliere del Lavoro Luigi Moretti, presidente di Benelli Armi Spa. Tiziano Mancini, già addetto stampa dell’Università Carlo Bo di Urbino, in proprio coltiva la passione dello scrittore di novelle e di romanzi, cinque in tutto dal 1996 ad oggi. Con questa vita romanzata della Duchessa Elisabetta vuole illuminare un personaggio sconosciuto per renderlo nel giusto posto nella corona di stelle delle Signore rinascimentali.

In quattro svelti capitoli, Mancini delinea i momenti più significativi della vita di Elisabetta partendo dalla Corte per raggiungere la serena pace del Chiostro. Bisogna altresì sottolineare che quella vita è come la medaglia del Pisanello: sul lato anteriore si può leggere l’incantesimo di una vita nobiliare con tempi meravigliosi; sul retro appaiono tante ombre, come quel tragico giorno in cui Elisabetta ricevette la notizia della duplice morte del padre Federico e del marito Roberto Malatesta. Pur romanzato, come ammette il Mancini, il libro vuole documentare, attraverso le sue vicende personali, quel momento magico e irripetibile della storia di Urbino tra la fine del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento. Significativa mi pare la frase che Federico, appoggiato a un balcone dei Torricini, dice alla moglie Battista: "Penso a questa nostra città, così apparentemente defilata e marginale. Eppure se immaginiamo l’Italia come un corpo umano, siamo proprio nel punto dove batte il cuore. Urbino è il cuore dell’Italia".