Disabile morì dopo aver mangiato il ciambellone: infermiera accusata di omicidio colposo

Un disabile muore per aver mangiato ciambellone in Rsa di Pesaro. Processo per omicidio colposo per mancata vigilanza del personale.

Disabile morì dopo aver mangiato il ciambellone: infermiera accusata di omicidio colposo

E’ stata la coordinatrice infermieristica a fine sotto processo (foto d’archivio)

Entrò di nascosto nella cucina della Rsa e mangiò tutto il ciambellone. Morì pochi giorni dopo per un’infezione perché non poteva consumare cibi solidi. E’ la tragedia avvenuta quattro anni fa nella Rsa Tomasello di Pesaro e che è costato la vita a un disabile di 55 anni originario di Macerata Feltria. E ieri mattina in tribunale a Pesaro si è aperto il processo per omicidio colposo nei confronti della coordinatrice infermieristica della struttura, difesa dall’avvocato Massimo Facondini e di una operatrice socio sanitaria, assistita dai legali Enrico Dall’Acqua ed Emanuela Perrotta, per mancata vigilanza sul paziente. Il paziente, affetto da oligofrenia cerebropatica grave, si era introdotto senza essere visto nel refettorio della struttura al cui interno si trova la cucina. Le sue condizioni di salute, pur essendo molto gravi, non gli impedivano di muoversi liberamente su una sedia a rotelle e infatti, senza essere visto e approfittando del fatto che la porta del refettorio era stata lasciata aperta, l’uomo è entrato in cucina. Le direttive della struttura prevedevano che tutte le porte, a tutela dell’incolumità dei pazienti, andavano sempre lasciate chiuse a chiave. Purtroppo quel giorno, probabilmente a causa di una disattenzione, quell’entrata è rimasta accessibile. Alla vista del ciambellone il 55enne non è riuscito a resistere, senza avere consapevolezza del fatto che consumare un cibo con quella consistenza gli poteva risultare fatale. E purtroppo così è stato e a causa di un’infezione l’uomo è morto alcuni giorni dopo all’ospedale di Pesaro dove era stato trasportato d’urgenza dal 118.

A fare la scoperta del 55enne in fin di vita in cucina era stato un educatore della struttura che ieri è stato ascoltato come testimone dell’accusa. L’uomo ha raccontato di essere passato lì davanti e di aver trovato la porta chiusa a chiave. La drammatica scoperta l’ha fatta entrando, intorno alle 14, nel refettorio dove, a terra, ha visto alcune briciole. Questo particolare lo ha insospettito perché a quell’ora, solitamente, il refettorio e la cucina sono stati appena puliti. Più avanti, all’interno del locale della cucina, ha trovato l’uomo agonizzante e cianotico e gli ha prestato i primi soccorsi in attesa dell’arrivo dei sanitari del 118 che lo hanno trasportato al san Salvatore. La porta era stata inchiavata dall’operatrice socio sanitaria imputata nel processo che aveva riferito agli inquirenti di averla trovata aperta e di aver provveduto a richiuderla. Non aveva visto che, nella cucina che si trova a sua volta all’interno del locale del refettorio, c’era il paziente sulla sedia a rotelle. Durante l’udienza di ieri è stato ascoltato anche il viceispettore della polizia che ha condotto le indagini.

a. m.