ALICE MURI
Cronaca

Dipendenti in aumento, ma sempre più precari

La tendenza emerge dai dati Inps: +1,2% nel 2023. Però volano contratti part-time e intermittenti

Roberto Rossini, segretario della Cgil Pesaro Urbino

Roberto Rossini, segretario della Cgil Pesaro Urbino

Sale il numero dei lavoratori dipendenti nella nostra provincia, anche se la tipologia dei contratti è sempre più precaria, tra part-time, intermittenti e stagionali. A dirlo sono i dati Inps, elaborati dall’Ires Cgil Marche, che ha attestato come nel 2023, a Pesaro e Urbino, il numero dei lavoratori del settore privato (esclusi operai agricoli e domestici) è stato pari a 117.047, con un incremento di oltre mille lavoratori rispetto al 2022 (+1,2%). Un aumento meno accentuato rispetto a quello che accade nel resto del Paese dove viene registrato un incremento del 2,3%, così come nelle zone del Centro Italia. Lo studio prende in considerazione anche il confronto rispetto a dieci anni fa: nel 2013 i lavoratori dipendenti della nostra provincia erano 95.525 e rispetto allo scorso anno sono aumentati di oltre il 22%. Una crescita anche questa meno accentuata che a livello nazionale. A livello regionale, la nostra provincia cresce in ogni caso più delle altre realtà marchigiane, dove per quanto riguarda la tipologia dei contratti, aumentano in dieci anni del 30% i contratti part-time e del 59% quelli intermittenti. L’Ires Cgil Marche analizza anche i dati che riguardano le retribuzioni medie lorde annue percepite nella nostra provincia. Nel 2023 sono state pari a 21.627 euro, con una crescita rispetto al 2022 del 3,6%. Anche in questo caso la crescita nella nostra provincia è più contenuta rispetto al resto del Centro Italia (dove l’aumento è stato del 3,8%), anche se il più alto di tutte le altre province delle Marche.

"Cresce il numero di lavoratori nella nostra provincia – dice Roberto Rossini, segretario della Cgil Pesaro e Urbino – ma è necessario guardare la tipologia dei contratti, sempre più precari. Negli ultimi anni, dopo la crisi del 2008, tante persone sono uscite dal settore della manifattura dove avevano contratti stabili e retribuzioni più alte per poi rientrare nel mercato del lavoro accettando comunque delle tipologie contrattuali più precarie. Contratti a tempo determinato, a chiamata, intermittenti. Basti pensare anche a tutto il tema degli appalti e subappalti, dove i lavoratori hanno contratti e retribuzioni molto diverse da quelli della manifattura. Bisogna inoltre considerare che in un anno un lavoratore può anche avere 4-5 contratti ed anche per questo crescono di numero".

Altro capitolo i lavoratori a partita iva: "Aumenta anche questa tipologia di lavoratori – dice Rossini – ma spesso si tratta di lavoratori subordinati nascosti, che sono costretti ad aprire la partita iva. Lavoratori che non hanno ferie, non hanno tfr o ammortizzatori sociali".

ali. mu.