Pesaro, 22 giugno 2017 - Ha devastato la cella e spaccato oggetti, ridotto a pezzi il lavandino con i cui cocci si è fatto tagli su gambe e braccia. Atti di autolesionismo culminati in un tentativo di suicidio con l’ingerimento di soda caustica. Ma quella furia cieca non la sfogava solo contro di sé. Ce ne aveva per tutti. Agenti della polizia penitenziaria e medici dell’ospedale, bersagli delle sue continue minacce e insulti. L’Attila di Villa Fastiggi è Giulio Caria, 37enne muratore sardo, conosciuto anche per il «delitto del freezer» per il quale stava scontando la pena a 30 anni di reclusione. Caria è accusato dell’omicidio della convivente, Silvia Caramazza, una commercialista di 39 anni, e di aver nascosto il cadavere in un congelatore a pozzetto nella loro casa a Bologna. E ieri il Tribunale di Pesaro ha aggiunto una nuova condanna al suo casellario giudiziale. Un anno di reclusione è la pena che il giudice Elisabetta Morosini ha inflitto a Caria per violenza a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato. Il pm Valeria Cigliola aveva chiesto 2 anni. Il sardo era stato trasferito nel carcere di Villa Fastiggi a Pesaro nel 2016, mentre era in attesa del processo d’appello per il delitto della convivente, uccisa a Bologna l’8 giugno del 2013 con un corpo contundente, mai ritrovato. Il 37enne cercò di sbarazzarsi del cadavere della donna nascondendolo nel congelatore. A marzo 2016 l’appello conferma i 30 anni. E qualche giorno dopo, Caria comincia a dare in escandescenze. In appena 5 giorni, dal 2 al 7 aprile, mette a soqquadro la cella, finge il suicidio e, oltre agli agenti, minaccia anche i medici dell’ospedale di Pesaro dove viene ricoverato. Scatta la denuncia e poi il processo. Fino alla sentenza di ieri. Che si aggiunge a quella di 30 anni appena diventata definitiva con la pronuncia della Cassazione.