
Davide Perugini
La sciarpa dell’Inferno Biancorosso sulla bara di legno chiaro a testimonianza della sua grande passione per la pallacanestro. Un tratto comune a tantissimi pesaresi. Ma Davide Perugini, che ha lasciato questo mondo a soli 52 anni, dopo sette mesi di lotta e speranze a seguito dell’ictus che l’aveva colpito, era molto più che un tifoso della Vuelle. Persona sensibile, ironica, intelligente. Ma soprattutto gentile. Il che, in questo mondo che va sempre di corsa e manca della capacità di ascoltare gli altri, rappresenta ormai una rara virtù. Dalla sua edicola di piazzale Matteotti "la sua finestra sul mondo" – così l’ha definita la sorella Mara al termine del funerale, leggendo una bellissima lettera – Davide era stato capace di intercettare tante persone di tutti i generi, anche quelli più soli ed emarginati, che magari avevano bisogno di scambiare due chiacchiere e facevano tappa fissa da lui ogni giorno. Si parlava di basket attorno al suo chioschetto, ma non solo: perché Davide preferiva ancora la carta in questa era dominata da internet, una realtà che comunque non rifiutava. Ma i giornali, le riviste, i libri non erano solo ciò che gli dava da mangiare, bensì degli amici da sfogliare, da cui imparare, su cui informarsi. Aveva una mente brillante: "E infatti a tre anni sapeva già leggere e a cinque già scriveva" ha ricordato la sorella.
Toccante anche il saluto del papà: "La natura di solito vede i figli piangere i padri, quando succede il contrario è un dolore lacerante, il più grande che possa esistere. Mio figlio era speciale, l’ho sempre saputo e so che non mi abbandonerà". Don Michele Rossini, che ha celebrato il funerale nella chiesa di Villa San Martino, ha descritto bene la sua personalità: "Davide era un buono e questo nella nostra epoca è erroneamente considerata una fragilità". Difatti era tutto meno che un ultras, anche se nell’Inferno Biancorosso ci era cresciuto e della storia della Vuelle conosceva anche le virgole. Mentre lui lo conoscevano in tanti perché, pur rimanendo tante ore fermo dentro quell’edicola, era la città che andava a trovarlo. Si sarebbe meritato un minuto di silenzio al palasport, domenica scorsa, prima della palla a due della Vuelle.
Elisabetta Ferri