
Cerimonia al Museo Diocesano di Pesaro alla presenza dell’arcivescovo monsignor. Sandro Salvucci.
di Cecilia Casadei
"Un gesto per testimoniare il profondo senso religioso che la croce suscita in me, per confermare la croce come simbolo imprescindibile del cristianesimo". E’ venerdi 4 aprile, mancano pochi giorni al Venerdì santo che precede la Pasqua 2025. Nelle suggestive grotte che ospitano il Museo Diocesano di Pesaro, sono le parole del conte Alessandro Marcucci Pinoli di Valfesina, in arte Nani, a suggellare e sottolineare il senso della donazione di una sua opera.
Una croce in ferro lucida e scura, una piccola croce piantata su un promontorio in pietra ad evocare il Golgota, la collina della crocefissione non lontana da Gerusalemme. Una croce semplice, laddove semplice è traducibile con profondità, originalità, rinnovamento. Assente il corpo di Gesù, una assenza che vuole essere un messaggio di unificazione delle religioni che vietano l’iconografia religiosa, come sarà lo stesso Nani a dire. Cristo non c’è, ma è evocata la sua storia, la sua memoria ed è quel vuoto che contribuisce a sostanziare la presenza del Cristo, il raggiungimento di una purificazione spirituale che oltrepassa le contingenze, verso la perfezione.
Quando sono quattro piccoli lembi di materia ferrosa a sollevarsi, come ali in volo alle estremità dei bracci della croce, a poter essere lette come metafora della Resurezione, della salvezza che Cristo ha annunciato con il suo sacrificio. Una cupola in vetro, per un insieme che non supera una altezza di 50 centimetri, a custodire un emblema di grande suggestione nel tempio che riunisce alcune importanti Crocifissioni a partire dal tredicesimo secolo fino al Novecento.
Un nutrito gruppo di persone, l’avvicendarsi di autorità civili come il sindaco Andrea biancani, il vicario dell’Arcidiocesi don Marco di Giorgio, il direttore del Museo Diocesano Filippo Alessandroni. E monsignor Sandro Salvucci arcivescovo di Pesaro e Urbino che così conclude il suo discorso: "quale bellezza ci salverà?", facendo riferimento al celebre aforisma di Dostoevskij, "sarà la bellezza della croce". La croce come porta di accesso alla vita eterna, espressione rivoluzionaria forte e dolorosa per i cristiani, metafora della condizione umana, simbolo universale di sofferenza e ingiustizia.
La leggerezza della croce di Nani ci avvicina agli altri per legare il filo delle relazioni, diviene messaggio di speranza, di liberazione dai vincoli del dolore della dimensione terrena, di rinascita. E, se è vero che il messaggio dell’arte intrattiene sempre un rapporto con l’"assoluto", con l’impossibile, allora possiamo dire che questo assunto può essere abbinato al lavoro di Nani. Eclettico, imprevedibile personaggio e persona che non trascura il farsi della vita e il farsi dell’arte in ogni sua sfaccettatura.