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Bambini in affido: "Noi e la nostra Lisa. Una scelta d’amore"

La famiglia Maiorano racconta la sua esperienza iniziata nel 2019 "Non bisogna avere paura del distacco. Quel legame non si recide".

La famiglia Maiorano racconta la sua esperienza iniziata nel 2019 "Non bisogna avere paura del distacco. Quel legame non si recide".

La famiglia Maiorano racconta la sua esperienza iniziata nel 2019 "Non bisogna avere paura del distacco. Quel legame non si recide".

di Benedetta Iacomucci

"Non si è mai pronti al distacco. Ma l’affido non deve colmare un vuoto proprio, ma di qualcun altro. E il legame, una volta creato, non si recide". Monica Di Colli, impiegata comunale fanese, 56 anni, sposata con Giovanni Maiorano, pure lui dipendente comunale, è mamma di Giacomo, Paolo e Lisa, arrivata quando aveva 11 anni.

Quando avete deciso di accogliere un bambino in affido?

"Subito dopo la nascita del nostro primo figlio, nel 2006, ma poi tutto si è arenato. Anni dopo abbiamo partecipato a un incontro e da lì è ripartito tutto".

Stavate costruendo la vostra famiglia, ma sentivate il bisogno di allargarla. Perché?

"Perché sin dal principio, nella testa e nel cuore, avevamo questa volontà di accogliere".

E quando, questo desiderio si è avverato?

"Nel 2019. Ci è stata affidata Lisa, che al tempo faceva la quinta elementare, ora ha 16 anni".

Lei ritiene che sull’affido non ci sia abbastanza consapevolezza.

"L’affido è un percorso difficile perché per amare ci vuole coraggio, il coraggio di accettare le cose belle ma anche le fragilità. Se l’arrivo di un figlio scombussola la famiglia, un bambino affidato lo fa ancora di più".

Per questo secondo lei ci sono delle resistenze?

"Non solo. Molti considerano l’affido come un togliere qualcosa a qualcuno. Non si pensa al fatto che è un’opportunità per tutti: per le famiglie in difficoltà; per il ragazzino. Le famiglie affidatarie sono famiglie ’ponte’, si affiancano, non sostituiscono il padre e la madre biologici".

Com’erano i rapporti tra voi?

"Siamo sempre stati in contatto, anche ora che abbiamo avuto l’affidamento sine die e mio marito è diventato tutore".

Mai nessuna conflittualità?

"I genitori di Lisa hanno capito che non dovevano avere paura di noi e che potevamo essere una risorsa per la figlia".

E se a un certo punto avessero rivoluto la figlia con loro?

"L’affido non colma un vuoto proprio, ma di qualcun altro. Si mette in conto che è un passaggio che può durare molto, ma può anche finire".

Razionalmente non fa una piega, ma emotivamente...

"Emotivamente non si è mai davvero pronti. Ma io credo che quando si creano rapporti profondi la separazione non sarà mai definitiva. E’ sempre doloroso quando un figlio spicca il volo però è giusto. E poi, comunque, non si tagliano i rapporti con la famiglia affidataria".

Siete stati preparati a un eventuale distacco?

"Sì, c’è una rete di psicologi e assistenti sociali che ti supportano. Avevamo anche un gruppo di famiglie affidatarie con cui ci incontravamo per condividere le esperienze".

Il momento più difficile?

"All’inizio c’era l’euforia della novità. Poi ci siamo resi conto che dovevamo gestire un vissuto che non conoscevamo. In un figlio leggi il viso, ma di questa ragazzina non sapevamo nulla. E’ stato complesso".

E i suoi figli?

"Molto bravi, considerando che la gelosia tra fratelli è normale"

Non ha avuto il timore di guardare Lisa e i suoi figli naturali in maniera diversa?

"Sì. All’inizio per esempio Lisa si accoccolava molto e si scatenavano le gelosie del più piccolo. In quel caso eri sempre presa dal dubbio: fin dove mi posso spingere? Poi prendi le misure".

Cosa sapevate della famiglia di origine di Lisa?

"All’inizio molto poco, poi abbiamo fatto presente che questi vuoti non ci consentivano di adottare gli atteggiamenti giusti. Abbiamo preteso maggiori informazioni".

Mi dica il momento più bello.

"Sono tanti. Forse quando ci hanno chiamati per l’abbinamento e abbiamo detto ai nostri figli che sarebbe arrivata questa bambina. E loro, che avevano 10 e 12 anni, sono stati subito entusiasti".

Invece Lisa che atteggiamento aveva?

"All’inizio ci ha studiato molto. Ho capito che c’era un legame quando arrivava a casa e vedevo che la sentiva come sua, era a suo agio, abbracciata a noi sul divano, o all’altro figlio... Era tutto molto naturale".

Cosa pensa del caso di quel bambino di 2 anni e 9 mesi che dopo aver vissuto solo con la famiglia affidataria tornerà dalla mamma biologica?

"Quel bambino, come Lisa, ha una famiglia. Noi siamo un’altra famiglia. Chi fa questa scelta sa che c’è una famiglia in difficoltà, e che quelle difficoltà si possono anche superare. Sono situazioni critiche ma temporanee. Altrimenti sarebbe un’adozione. Se ci sono le condizioni è giusto che si rientri in famiglia".

Lisa vi chiama mamma e papà?

"Ci chiama Monica e Giovanni, non perché le abbiamo vietato nulla, ma è giusto così perché lei ha una mamma e un papà".

E lei, Monica, come la chiama?

"Lei è mia figlia".