E’ atteso a Pesaro per il mese di ottobre. Si chiama Marco Mescolini, 57 anni, originario di Cesena. E’ il nuovo procuratore della Repubblica dopo la partenza di Cristina Tedeschini, passata a dirigere la procura dei minori di Ancona. Ieri pomeriggio al telefono, il dottor Mescolini si è scusato "ma dopo sette ore di processo qui a Firenze vi chiedo se possiamo rinviare qualunque mio commento sulla nomina a domani, grazie". Marco Mescolini è un magistrato che ha portato alla sbarra e alle condanne come pm alla procura distrettuale di Bologna la ’ndrangheta che si era insediata e ramificata in Emilia Romagna. Ma è salito alla ribalta anche per altro. Diventato nel frattempo capo della procura di Reggio Emilia, spuntarono subito dopo nel 2020 le chat (pubblicate dal Carlino di Reggio Emilia) che aveva avuto con l’allora potentissimo Luca Palamara già presidente dell’associazione magistrati. Il Csm, di fronte a quelle pubblicazioni, ritenne la misura sufficiente per firmare un’ordinanza il 24 febbraio 2021 che disponeva la rimozione di Mescolini da Reggio Emilia per la "compromissione dell’imparzialità e dell’indipendenza e per la lacerazione dei rapporti professionali in procura e fuori". Con parole ancora più dirette, il Csm scrisse che "era emersa una figura di un magistrato che aveva a cuore le sorti degli esponenti locali del Pd". Il procuratore fece ricorso al Tar che lo rigettò. Per il diretto interessato non era tempo però di rinunciare a chiedere l’annullamento di quell’ordinanza del Csm e così fece ricorso al Consiglio di Stato. Che accolse le sue ragioni annullando tutto. La sentenza amministrativa di secondo grado, puntò sulle lacune dell’istruttoria del Csm che "non raccolse le opinioni delle forze dell’ordine e della polizia giudiziaria" decidendo "...arbitrariamente l’allontanamento del magistrato determinando un vulnus alla sua sfera giuridica e privata, non giustificato dal pubblico interesse né proporzionato allo scopo prefissato dalle autorità bensì al di fuori delle garanzie anche costituzionali che fondano indipendenza e autonomia della magistratura".
Se per il Csm "vi era la diffusa convinzione non solo nell’ambiente giudiziario di rapporti privilegiati con una parte politica", per il Consiglio di Stato "non vi sono elementi probatori tali da dimostrare l’esistenza di una simile convinzione al di fuori dell’ambiente giudiziario. E non vi sono elementi da cui si possa trarre alcun sospetto di parzialità del magistrato nei confronti del sindaco di Reggio Emilia, la cui posizione è stata poi archiviata". Su un unico punto Csm e Consiglio di Stato si sono trovati d’accordo: il dottor Mescolini non spiegò in maniera chiara e aperta ai suoi colleghi i rapporti intercorsi con Palamara "cercando di sminuirli". Ma solo questo, secondo il Consiglio di Stato, non può essere sufficiente ad allontanare un magistrato. Ora Mescolini arriva a Pesaro dove, ironia della sorte, è in corso un’indagine fotocopia come quella di Reggio Emilia sugli appalti facili in Comune.