BENEDETTA IACOMUCCI
Cronaca

Anticorpi monoclonali, speranza contro il Covid: al via la sperimentazione a Pesaro

Nel reparto di Medicina subintensiva Covid tre pazienti fragili sono stati trattati con la cura che apre nuovi scenari. "E’ la prima vera terapia"

Lo staff medico (Fotoprint)

Lo staff medico (Fotoprint)

Pesaro, 19 marzo 2021 - Si sentono nati tre volte. Perché dopo aver subito un trapianto d’organo, si sono trovati a dover camminare di nuovo sul crinale della vita, sospinti stavolta da un virus infido e vigliacco, che avrebbe potuto rimettere tutto in discussione. Loro sono i primi tre pazienti positivi delle Marche a cui ieri sono stati somministrati gli anticorpi monoclonali per il trattamento del covid 19. Pazienti cosiddetti fragili ma con una tenacia di ferro, per i quali la battaglia non finisce mai.

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Ma siccome sono abituati a tenere alta la guardia, e sanno bene che ogni momento da vivere è un regalo prezioso, appena hanno avuto l’opportunità di scendere in campo l’hanno fatto senza troppi patemi.

I medici Mucci e Giorgino con due dei tre pazienti
I medici Mucci e Giorgino con due dei tre pazienti

E l’arena stavolta è stato il reparto di Medicina subintensiva di Marche Nord. "La gente che ha una salute di ferro non si rende conto della fortuna che ha – dice Alessandro Cecchini, di Pesaro, 52 anni, che nel 2013 ha subito un trapianto del rene –. Queste cure sono un’arma in più contro il virus, per questo, anche se lì per lì ero un po’ spiazzato, ho accettato subito. Anche mio figlio di 17 anni è stato molto contento".

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Accanto a lui c’è Paola Bartolini, 69 anni, della provincia di Rimini, anche lei trapiantata: "Ho due figli e tre nipoti, ho bisogno di stare bene – dice con un sorriso che è già un programma –: in 15 anni, dopo il trapianto di reni a Bologna, sono sempre stata bene. I medici mi hanno salvato la vita, e anche stavolta mi sono rivolta a loro: quando mi hanno detto che c’era questa possibilità e che avrebbe potuto essere utile, non ci ho pensato due volte. Ora vediamo come va".

I tre pazienti infatti – con loro anche una donna del ’68 di Pesaro, che ha avuto un trapianto di reni e fegato – terminata l’infusione e il periodo di osservazione, hanno potuto tornare a casa, per proseguire la terapia che normalmente si prescrive ai malati covid.

Nel frattempo a Marche Nord è già pronta una lista di pazienti fragili, individuati in base a criteri stabiliti da un apposito decreto. Saranno loro i prossimi destinatari di alcune delle restanti 130 sacche custodite in Ancona e pronte a partire.

Si tratta di anticorpi monoclonali (chiamati bamlanivimab) prodotti in Italia dall’azienda farmaceutica Lilly. "Dobbiamo pensare al virus – spiega il primario di Medicina subintensiva Covid Gabriele Frausini – come a un ladro che vuole entrare in casa nostra, cioè nel nostro corpo. La chiave che usa è la proteina S. Con il monoclonale noi mettiamo un cappuccio sulla chiave, che non riesce più a entrare nella serratura. E’ la prima vera grande terapia contro il covid in pazienti non ospedalizzati. E se Marche Nord è riuscita ad arrivare a questo traguardo prima degli altri, lo si deve senz’altro alla direzione dell’azienda ospedaliera che ha spinto in maniera incredibile in questa direzione". La soddisfazione, le speranze, ieri erano palpabili in reparto.

A condividerle c’erano, oltre al primario Frausini e al dottor Luciano Mucci, che hanno guidato il gruppo di lavoro sui monoclonali, un’intera équipe di collaboratori "che non si sono mai tirati indietro, a un anno dall’inizio di questa pandemia": i dottori Mauro Mancini, Flavia Giorgino, Laura Tornari e Federica Bastianoni. Con loro ieri anche il direttore generale Maria Capalbo, che al telefono non riusciva a contenere l’entusiasmo del governatore Francesco Acquaroli.

Anticorpi monoclonali: cosa sono

I monoclonali sono degli anticorpi creati in laboratorio. Nel caso del Coronavirus, legandosi alla proteina spike, impediscono al virus di penetrare nelle cellule dell’organismo. Vengono somministrati mediante infusioni endovenose.