Arte e poesia, in questi tempi veloci e iperconnessi, dominati dai tecnicismi sanitari ed economici incapaci di dominare le ansie del vivere, possono rappresentare la medicina capace di agire al meglio nel nostro profondo. Un blister di pillole particolarmente utili a questa possibile via di uscita officinale ce lo propone Vitaliano Angelini, pittore, incisore, poeta e per l’occasione saggista di origini istriane ma urbinate di adozione fin dai tempi degli studi all’ormai mitica “Scuola del Libro“, con i suoi “Scritti, riflessioni e argomentazioni su arte e poesia“ (Helicon, 2021). Un lavoro che in 128 pagine raccoglie una dozzina di brevi ma dense considerazioni, "un compendio di tensioni e riflessioni" per dirla con le parole dell’autore "pronto a far rivivere alcune analisi come imprescindibile supporto di una realtà quotidiana in atto che percorre ad ampio raggio diversi temi, linguaggi e tecniche espressive presenti sullo sfondo di un’esistenza. Un cammino di immagini e forme (dipinte o incise), non di rado frequentato dalla scrittura".
I temi trattati consentono così di ragionare sull’ampio mondo dell’arte collocato nell’attualità, dunque dal suo rapporto con il Sacro ai temi dell’insegnamento della Storia dell’Arte, con passaggi più riflessivi come “L’arte e il contributo femminile“ o “L’eterno come bellezza“ per poi calarsi nella complessa e variegata realtà in cui Angelini vive e lavora, con il mare Adriatico e il cielo delle Marche visti nel loro rappresentarsi attraverso le opere degli incisori marchigiani del Novecento. La poesia poi funge come da bagno d’arresto e fissaggio del tutto, quando l’autore riprende il concetto di marchigianità espresso da Carlo Antognini, ovvero "l’aura di ideale consonanza che tocca il singolo scrittore o l’artista, e investe anche una gente".
Dunque un comune sentire che lega i marchigiani attraverso le colline, il mare e il cielo degli artisti, dei poeti ma anche dei comuni cittadini che in essi trovano espressione e corrispondenza.
Tiziano V. Mancini