Parma, 7 agosto 2024 – Esistono avvisaglie che possono aiutare gli esperti a “prevedere” i terremoti diversi anni prima che accadano, evitando così le conseguenze devastanti che spesso sconvolgono la vita di migliaia di persone. Si tratta di “segnali segnali potenzialmente precursori” rilevabili anche a migliaia di chilometri di distanza dalle stazioni Gps. E, nel caso dell’Aquila, questi segnali si sono manifestati addirittura sei anni prima del sisma.
È quello che hanno scoperto i ricercatori dell'Università di Parma studiando due dei terremoti più significativi d'inizio millennio: quello dell'Aquila del 2009 (magnitudo 6.3) e quello del Sichuan del 2008 (magnitudo 7.9).
La novità: come prevedere i terremoti
La novità dei due studi consiste principalmente nell’aver dimostrato che esistono segnali associati ai terremoti rilevabili da Gps (lo stesso sistema che viene utilizzato su mappe e navigatori degli smartphone) molto prima e molto lontano, e che quindi potrebbero essere potenzialmente sfruttati per mitigare il rischio sismico. "La prospettiva di sfruttare questi segnali nelle valutazioni di rischio sismico è qualcosa di assolutamente nuovo”, spiega Giampiero Iaffaldano, primo autore di entrambi gli studi. Vediamo perchè.
Cosa hanno scoperto i ricercatori di Parma
Gli studi, entrambi coordinati da Giampiero Iaffaldano, docente di Geofisica della Terra solida dell'Università di Parma, sono stati recentemente pubblicati sul ‘Journal of Geophysical Research: Solid Earth’ e su ‘Scientific Reports’.
Com'è noto, la superficie terrestre è divisa in un mosaico di placche tettoniche che si muovono in direzioni diverse a velocità comprese fra pochi millimetri e centimetri l'anno. I moti tra placche in contatto fra loro generano un lento accumulo di energia, che viene poi rilasciata improvvisamente attraverso i terremoti. Il terremoto dell'Aquila, ad esempio, ha rilasciato energia accumulata nel tempo lungo parte degli Appennini a causa del moto fra la placca Adria – che comprende l'Italia centrale e settentrionale – e quella africana.
I moti tra placche rilevabili col Gps
È consolidato nella comunità scientifica che i moti tra placche alimentano la genesi dei terremoti. La comunità ha però sempre assunto che non fosse vero il contrario, ossia che i terremoti e la loro lenta fase preparatoria di accumulo di energia (che, insieme, prendono il nome di ciclo sismico) non avessero effetto sui moti delle placche. Studi molto recenti, inclusi i due appena pubblicati, dimostrano che invece i terremoti hanno un effetto tangibile e misurabile sui moti delle intere placche. Questi effetti sono evidenti da misure Gps anche diversi anni prima che accada il terremoto.
Terremoto dell’Aquila: poteva essere previsto
Lo studio sul terremoto dell'Aquila è intitolato “Variations of Whole- Adria Microplate Motion During the Interseismic Phase Preceding the MW 6.3, 6 April 2009 L'Aquila (Italy) Earthquake”, ed è uscito a giugno sul ‘Journal of Geophysical Research: Solid Earth’.
La ricerca dimostra che c'è stato un rallentamento del 20% del moto della placca Adria nei 6 anni che hanno preceduto il terremoto del 2009. “Penso che l'interesse scientifico di questa scoperta – spiega il primo autore dello studio, Giampiero Iaffaldano – è che apre una nuova prospettiva, mai considerata prima, sulla mitigazione di rischio sismico. Per dirla in soldoni, solitamente si cercano segnali precursori nei mesi o giorni precedenti i grandi terremoti, e nelle immediate vicinanze di faglie notoriamente attive”.
Come leggere i segnali
“Questi studi – continua il docente dell’ateneo di Parma – dimostrano che il ciclo sismico (il lento accumulo di energia seguito dal terremoto) è in grado di modificare il moto di intere placche tettoniche, che viene misurato negli anni attraverso reti di stazioni Gps dislocate a centinaia o addirittura migliaia di chilometri di distanza da quello che sarà in seguito l'epicentro. Questo implica che ci sono segnali potenzialmente precursori anche anni prima e a grandi distanze dai grandi terremoti. La prospettiva di sfruttare questi segnali nelle valutazioni di rischio sismico è qualcosa di assolutamente nuovo”.