
i finanzieri del gruppo di Parma
Parma, 14 maggio 2024 - Una complessa attività investigativa, svolta dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Parma, al termine della quale la Procura di Parma ha disposto un avviso di garanzia a carico di una persona residente nella provincia di Parma. Nei suoi confronti il reato ipotizzato è quello di abusivismo finanziario, in relazione alla compravendita di criptovalute, in particolare bitcoin. Nel corso delle indagini, avviate nell’anno 2021, i finanzieri del Gruppo Parma hanno provveduto al sequestro preventivo, disposto dal GIP del Tribunale di Parma a richiesta della Procura, del sito internet adoperato per lo svolgimento dell’attività di intermediazione finanziaria. I fatti e il ‘sistema’ di compravendita bitcoin Nella ricostruzione dei fatti l’indagato avrebbe promosso, attraverso un proprio sito web, la compravendita di criptovalute a potenziali investitori i quali, al fine di acquistare le valute virtuali desiderate, ricaricavano in contanti, in uffici postali o esercizi convenzionati, molteplici carte prepagate nella disponibilità diretta o indiretta dello stesso indagato. La disponibilità di numerose carte ricaricabili, intestate a persone legate da rapporti di conoscenza con l’indagato, avrebbe permesso di aggirare il limite massimo annuo di accredito su una singola carta ricaricabile pari a 100mila. Una volta ricevute le somme di denaro dagli investitori e dopo aver trattenuto una commissione, variabile tra il 5% ed il 10%, l’indagato avrebbe acquistato i bitcoin su piattaforme autorizzate di trading on line per renderli disponibili successivamente sui wallets (portafogli digitali) degli investitori. La mancata intermediazione e verifica dei clienti Un’operazione, alla quale non sarebbe stato istituito alcun sistema di controllo antiriciclaggio e, pertanto, sarebbero stati omessi gli adempimenti obbligatori consistenti nell’identificazione e nella cosiddetta adeguata verifica della clientela, nell’assunzione di informazioni sulle operazioni finanziarie eseguite e sulla provenienza delle somme investite, nonché nella segnalazione alla Banca d’Italia (UIF) delle operazioni sospette di riciclaggio. L’assenza di qualsiasi presidio antiriciclaggio ha fatto emergere soggetti deceduti tra le persone fisiche cui venivano attribuite le ricariche in favore dell’intermediario e, dunque, gli investimenti. Tutto questo ha consentire a terzi investitori di impiegare risorse finanziarie in criptovalute rimanendo nel totale anonimato, circostanza ideale per chi desidera investire i proventi da attività delittuose. Importi milionari di criptovalute Gli accertamenti, effettuati mediante investigazioni bancarie, hanno consentito di ricostruire, per il periodo dal 2017 al febbraio 2021, acquisti di criptovalute per conto di oltre 1600 investitori dislocati su tutto il territorio nazionale per circa 1.900.000 euro, nonché di quantificare in 140mila le commissioni percepite dall’indagato per l’illecita intermediazione, somma in relazione alla quale sono stati anche omessi i prescritti obblighi tributari. Le sanzioni previste per gli illeciti fiscali All’esito delle attività di polizia giudiziaria, i finanzieri hanno anche approfondito gli aspetti sanzionatori amministrativi, in materia antiriciclaggio e fiscale. Sotto il primo profilo, sono state contestate sanzioni amministrative per violazione della normativa antiriciclaggio a 18 esercizi convenzionati abilitati alla ricarica di carte prepagate. Questi ubicati nelle province di Napoli, Milano, Roma e Cosenza, tutti per mancata identificazione dei clienti che avevano effettuato le ricariche in contante, nonché all’indagato principale per aver omesso tutti gli obblighi antiriciclaggio relativi ad operazioni per 1.900.000 euro circa. Nell’ambito fiscale, invece, sono stati constatati nei confronti di 4 persone fisiche ricavi non dichiarati all’erario per 170mila euro, derivanti in parte dall’attività di intermediazione contestata.